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Gino Paoli:" La gatta? Si chiamava Ciacola". Grazie a Mina il successo de Il cielo in una stanza che racconta del suo amore per una prostituta

Paola Costantini

04 Agosto 2025, 16:20

Gino Paoli:" La gatta? Si chiamava Ciacola". Grazie a Mina il successo de Il cielo in una stanza che racconta del suo amore per una prostituta

La gatta, una tra le canzoni iconiche di Gino Paoli, ha come protagonista un micio esistito davvero. Si chiamava Ciacola "era furbissima" racconta il cantautore di Monfalcone, 91 anni a settembre, in un'intervista al Corriere della Sera. Prima di diventare famoso, ne ha fatti di mestieri: pittore, facchino, scaricatore, grafico. Tra i tanti aneddoti raccontati al giornalista Aldo Cazzullo, c'è quello legato a Il cielo in una stanza. Quella di cui parla la canzone, è la stanza di un bordello. "Ebbi un amoretto con una puttana..." dice Paoli. Il nome non lo ricorda ma che fosse carina sì. "Mi piaceva proprio tanto, e io piacevo a lei. Andai in quella stanza due, tre, quattro volte. Fino a quando non finii i soldi. Dovevo inventarmi qualcosa per rivederla". E, così, decise di vendere una vecchia enciclopedia del padre, che non si accorse di nulla, riprendendo la frequentazione fino a quando lei non se ne andò e lui scelse di non seguirla. 

Il cielo in una stanza non ebbe subito successo, tutt'altro. "La canzone fu rifiutata da tutti. L’avevo affidata a Giulio Rapetti (Mogol, ndr), il figlio del capo delle Edizioni Ricordi. Gli devo moltissimo". Le cose cambiarono quando decise di inciderla Mina che al termine della registrazione, accompagnata dai violinisti della Scala, "è scoppiata in un pianto dirotto, con i musicisti che la acclamavano levando l’archetto” raccontò l'arrangiatore Tony De Vita a Gino Paoli. 

Sapore di sale nasce in Sicilia. "Avevo una serata a Capo d’Orlando, organizzata da due pazzi siciliani che vennero a prendermi all’aeroporto con due Ferrari, e insistettero molto perché mi fermassi. Risposi che mi sarebbe piaciuto ma non potevo, avevo già una serie di impegni. “Ai suoi impegni pensiamo noi!”. Ci pensarono loro. Mi feci raggiungere dalla mia moglie di allora, e rimasi 15 o 20 giorni in Sicilia". 

Gino Paoli racconta del padre, Aldo, che "comandava i sommergibili, e poi le navi" che "aveva anche una bella voce da tenore. Il sabato improvvisava spettacoli con le vicine del terzo piano, due sorelle, una che cantava da soprano, l’altra che sedeva al pianoforte" e della mamma, Rina, che "suonava il violino, ma aveva imparato il piano da adulta, per non sentirsi esclusa". 

Il cantautore si sofferma sulla perdita del figlio Giovanni. "Un dolore che non ho ancora superato. Mi pesa molto parlarne. Un’ingiustizia atroce: deve morire prima il padre del figlio". E del tentato suicidio dice:" Avevo tutto, il successo, le donne, e non sentivo più nulla. Volevo vedere cosa c’era dall’altra parte". 

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