L'appuntamento
Francesco di Covili, ritorno delle opere in Umbria, ad Assisi
Gino Covili, uno dei pittori più significativi del secondo Novecento, un giorno all’improvviso - all’apice del successo - si mise a dipingere San Francesco. Francesco, per dirla col maestro modenese grande irregolare della pittura italiana, padre degli Esclusi, degli ultimi; di uomini e donne antieroi. Francesco diventa così uno di loro. Sulle tele di Covili non per gloria e fama del pittore, ma per qualcosa di più intimo: una preghiera laica. Sconquassato, travolto dall’angoscia per il figlio Vladimiro, in coma dopo un incidente, nel ‘92 Gino parla al poverello di Assisi come sa, con l’unico e privilegiato linguaggio che conosce: la sua arte. Settimane, mesi e “Francesco”, imponente ciclo pittorico di 82 opere, da ex voto laico diventa una meraviglia per tutti.
Il ciclo è custodito, insieme ad altri capolavori, nella Casa Museo Gino Covili di Pavullo nel Frignano. La prima volta è stato esposto proprio in Umbria e proprio a San Damiano (era il 1994). Adesso torna dove è partito con una mostra che ha un titolo che è tutto un programma: Il grido delle creature. L’esposizione si apre alla galleria del Cantico al santuario di San Damiano ad Assisi il 5 luglio e lì rimarrà fino al 12 ottobre 2025.
Vengono esposte 11 opere tratte da quel ciclo: 9 dedicate al Cantico delle Creature, più La predica agli uccelli e L’ultimo saluto, opera quest’ultima che fa parte della collezione permanente del Santuario di San Damiano. Venne donata dal maestro del Frignano, alla Comunità dei frati Minori, in occasione della mostra Francesco di Gino Covili del 1994, una esposizione voluta dal compianto Padre Giulio Mancini. Era stato lui, Giulio, ad avvicinare Gino a ogni dettaglio di San Francesco, così come era stato un altro francescano a sollecitare - in tempi precedenti - Covili, a dipingere il poverello: padre Berardo Rossi - allora direttore dell’Antoniano di Bologna - amico da sempre del pittore. La costruzione della mostra è coerente con gli orizzonti di Covili.
“Visionario, Covili dà voce al grido della terra e di chi la abita. I suoi colori parlano la lingua dei campi, dei cieli, delle creature fragili e potenti. Il Santo di Assisi, da figura spirituale, diventa compagno terreno: uno che ha scelto di stare con gli ultimi, con gli animali, con la natura”, viene annotato nella presentazione del progetto che è alle porte. Messaggi che non si perdono nel tempo, anzi guadagnano attualità.
“Oggi, quel grido delle creature è ovunque. È il grido del pianeta ferito. È il grido dei poveri. È il grido di chi non ha voce. È un grido che chiede giustizia ambientale, dignità umana e fraternità reale.
Covili chiede di fermarci. Di guardare. Di ascoltare…” Sono gli antieroi di Covili che ce lo chiedono, lui lo è stato per tutta la vita.
Gino Covili nasce a Pavullo nel Frignano, sull’Appennino modenese, il 21 marzo 1918, il paese che non lascierà mai rifiutando proposte ed agi. A Pavullo ha sempre vissuto e lavorato, e lì muore il 6 maggio 2005.
È un autodidatta, non ha maestri, non ha scuola, inizia dipingendo dal vero, all’aperto di fronte al paesaggio: la sua tecnica mista diventerà celebre.
Terre, animali, donne e uomini gli parlano, e lui li studia nei loro molteplici aspetti, perché entro i confini del suo orizzonte, ognuno di loro ha lavorato, sofferto, combattuto, amato. Lo fa senza sosta.
Dal 1950 al 2005 Gino Covili ha realizzato più di 3000 opere, gran parte la famiglia le custodisce attraverso la Covili Arte, nella Casa Museo di Pavullo nel Frignano.
Nasce, così, un grande affresco che coglie e fissa nella memoria di un mondo, quel mondo, che si sta trasformando e anche perdendo.
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