CALCIO
Achraf Hakimi
Segna il primo gol della finale di Champions League tra Paris Saint-Germain e Inter, ma non esulta. Achraf Hakimi alza le mani, chiede scusa e i tifosi nerazzurri, per un attimo, dimenticano la delusione applaudendolo. Un gesto che potrebbe passare inosservato tra le urla dello stadio, ma per chi sa guardare, è un segnale chiaro: rispetto. Quel valore raro, che nello sport e nella vita dovrebbe sempre avere il primo posto. Ma perché non ha esultato?
La risposta è semplice, e parla di memoria, gratitudine e identità. Hakimi con l’Inter non ha fatto solo un passaggio: ha lasciato il segno. Nella stagione 2020-2021, l’unica in maglia nerazzurra, fu una freccia costante sulla fascia destra. Con Antonio Conte in panchina, collezionò 45 presenze, 7 gol e 11 assist. Ma soprattutto fu uno degli artefici dello scudetto, il primo per l’Inter dopo 11 anni di attesa.
Poi, il mercato. Luglio 2021: l’Inter fa cassa e lo cede al PSG per 71 milioni di euro. Una cessione necessaria in un momento di turbolenze finanziarie. In Francia trova un contratto ricco e una squadra ambiziosa, ma non dimentica. Non dimentica chi gli ha dato fiducia, chi lo ha accolto, chi lo ha fatto campione.
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Achraf Hakimi nato a Madrid nel 1998, ma con sangue marocchino e gambe da centometrista, è cresciuto nel vivaio del Real Madrid, ha fatto esperienza al Borussia Dortmund, ma è con l’Inter che ha conquistato l’Europa. E oggi, proprio contro quei colori, ha scelto di non esultare. Un attimo di silenzio in mezzo al clamore, un gesto che vale più di mille parole.
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