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Non solo biliardo: Lo spaccone è il film che ha cambiato la carriera di Newman

Stasera venerdì 30 maggio alle 21.20 in tv su Rai Movie una pellicola cult. Scandali, stecca e scommesse sul set: la pellicola che sfidò le regole del cinema americano

Ambra Costanzi

30 Maggio 2025, 19:50

Non solo biliardo: Lo spaccone è il film che ha cambiato la carriera di Newman

Lo Spaccone film cult con Paul Newman

C’è qualcosa di più in “Lo spaccone” (The Hustler, 1961) oltre al biliardo, oltre alla sfrontata bellezza di Paul Newman, oltre al bianco e nero tagliente che ha incorniciato l’ambizione americana. Qualcosa che vibra tra le stecche e i silenzi di Eddie Felson. E non è solo cinema: è un ritratto disturbante e lucido di chi brucia per diventare il migliore, anche a costo di bruciare se stesso.

Il film, in onda su Rai Movie venerdì 30 maggio alle 21.20, è parte della rassegna “Meravigliosamente classico”, ma la sua forza è tutt’altro che patinata. È cruda. È sporca. È americana fino al midollo, ma parla anche a chiunque si sia mai sentito inadatto pur essendo un talento.

Paul Newman non si limitò a interpretare Eddie Felson. Durante le riprese imparò davvero a giocare a biliardo, allenandosi per mesi con veri professionisti. Uno di questi era Willie Mosconi, campione del mondo e consulente tecnico del film, che compare anche in un cameo. Pare che Mosconi, inizialmente scettico, rimase colpito dalla dedizione quasi ossessiva dell’attore, tanto da arrivare a dire: “Paul ha l’occhio di un vero giocatore. Ma soprattutto ha il tormento.”

In effetti, Eddie Felson è forse il primo vero “antieroe” moderno del cinema americano. Non combatte per la giustizia, né per l’amore: combatte per lui stesso. Ma perde tutto. Più volte. Come se il talento, se non guidato da una bussola morale, fosse una condanna.

Accanto a Newman, una sorprendente Piper Laurie. L’attrice – già celebre negli anni ’50 – si era ritirata dalle scene per sfuggire alla morsa dello star system. “Lo spaccone” segna il suo ritorno, dopo oltre cinque anni di silenzio. Una scelta rischiosa, ma vincente: il suo personaggio, Sarah, fragile e disillusa, è uno dei ruoli femminili più enigmatici del cinema dell’epoca.

Curiosamente, Piper Laurie dichiarò anni dopo che recitare con Newman era “come fare una partita di biliardo contro un giocatore bendato: non sapevi mai dove sarebbe finita la palla, ma sapevi che ci sarebbe arrivata”.

Robert Rossen, regista e sceneggiatore, era stato segnato dalla “lista nera” maccartista. Aveva collaborato con la commissione per sfuggire all'esilio professionale e molti critici ritengono che in “Lo spaccone” ci sia un’espiazione personale: la ricerca dell’integrità perduta, il confronto tra successo e coscienza, denaro e dignità.

Anche la produzione fu un rischio: un film sul biliardo, con un protagonista poco simpatico, in bianco e nero negli anni in cui il Technicolor dilagava? Eppure, fu un trionfo. Otto nomination agli Oscar, due vittorie, e un’eredità immortale. Tanto che venticinque anni dopo, Newman riprese il ruolo di Felson in Il colore dei soldi, diretto da Martin Scorsese. E lì, finalmente, vinse l’Oscar.

Perché ci sono film che invecchiano, e film che maturano. “Lo spaccone” non è solo una lezione di cinema: è una radiografia dell’ambizione, dell’orgoglio, della solitudine. E anche del talento, quello vero, che non basta da solo. Serve qualcosa di più. Serve perdere, a volte. E imparare a rialzarsi.

Paul Newman lo sapeva. E per questo, forse, non ha mai recitato: ha vissuto. Anche in bianco e nero, con una stecca in mano e gli occhi pieni di rimpianti.

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