LE DICHIARAZIONI
Alberto Stasi e il supertestimone a Le Iene
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Il caso
Garlasco, sud di Milano. Il 13 agosto 2007 Chiara, 26 anni, viene trovata morta nella sua villetta. Una ragazza stimata, fidanzata con Alberto Stasi, studente di economia. Quel giorno i genitori e il fratello di Chiara sono in vacanza. Chiara e Alberto cenano insieme la sera prima. La mattina dopo, alle 9.12, Chiara disattiva l’allarme e fa entrare qualcuno. Poco dopo viene aggredita brutalmente: prima un colpo alla testa, poi trascinata e colpita ancora vicino al telefono, infine spinta giù dalle scale della cantina. Tracce di sangue ovunque. Intorno alle 14:00 Alberto chiama il 118: dice di aver trovato Chiara in fin di vita. I carabinieri entrano con lui, trovano il corpo. È l’inizio delle indagini. E anche del primo, grande errore investigativo che avrebbe segnato per sempre il caso.
Il dettaglio più grave? Sul corpo di Chiara c’erano quattro impronte insanguinate, probabilmente dell’assassino. Ma il cadavere fu girato subito dopo il ritrovamento, cancellandole. Un errore irreparabile. Durante l’autopsia, mancava la bilancia per pesare il corpo, impedendo di stabilire con precisione l’ora della morte. Inizialmente si parlò di un delitto avvenuto dopo le 10.30. Poi, quando emerse l’alibi di Stasi, l’orario fu allargato per includere anche altre fasce orarie. Un'aggiustata a processo in corso.
Le indagini informatiche sul computer di Alberto furono un disastro: il 74% dei file venne alterato. I carabinieri usarono il computer, svuotarono il cestino, e nei verbali mentirono sulle operazioni svolte. Anche le fotografie della scena mancano: molte memory card vennero cancellate per "far spazio ad altri casi".
Alberto Stasi fu assolto in primo e secondo grado, ma la Cassazione ordinò un nuovo processo d'appello: fu condannato a 16 anni, senza prove nuove. Oggi si indaga su Andrea Sempio, amico di Chiara, dopo il ritrovamento del suo DNA sotto le unghie della vittima. Sempio ha evitato ogni commento pubblico, ma emergono altri elementi: il dubbio su uno scontrino e una sua impronta accanto al corpo, ignorata per 18 anni.
Resta però il grande interrogativo: perché Chiara è stata uccisa? La sentenza non offre un movente. Si è parlato di rifiuto a girare video hard, di gelosia, di reputazione, perfino di video compromettenti. Ma nulla è stato provato. Altre piste ipotizzano moventi legati a Sempio: attrazione non corrisposta, motivi economici o persino collegamenti con abusi avvenuti in un santuario. Alcuni parlano di riti satanici, altri di una festa in piscina finita male. Nessuna pista ha trovato riscontri solidi.
Infine, il supertestimone Gianni Bruscagin sostiene che un avvocato coinvolto nel caso, dopo avergli chiesto aiuto, ignorò le sue informazioni su una delle gemelle Cappa, vista con un borsone pesante il giorno del delitto. Dice anche che un colonnello dei Carabinieri di Milano lo mise in guardia: "Non fidarti degli inquirenti di Pavia". Oggi alcuni di loro sono indagati.
Ora però concentriamoci sulle nuove dichiarazioni del supertestimone del caso Garlasco, che ha già parlato di questi fatti qualche settimana fa, quando è stato sentito dai carabinieri di Milano. Gianni Bruscagin dice di aver fatto nomi e cognomi, di aver raccontato tutto senza omettere nulla, altrimenti "non aveva senso che andassi lì".
Racconta che, appena ricevute certe confidenze, per non dimenticarle, le ha subito annotate su dei foglietti. Era andato a trovare un amico in ospedale, c'era anche il cugino di quest’ultimo, che gli ha raccontato delle cose molto gravi. Subito dopo, lui ha scritto tutto e i fogli risalgono proprio a quel giorno.
In particolare, ha annotato che il 13 agosto 2007, verso le 13, una delle gemelle Cappa si trovava agitata davanti a una vecchia casa disabitata, probabilmente della nonna, a Tromello. Aveva con sé una borsa e non riusciva ad aprire la porta. Dietro la casa scorre un canale d’acqua. Infine, rivolgendosi all’avvocato Tizzoni, dice: "Ho detto la verità, punto per punto. Non ho nulla da temere. Lui ora cerca di difendersi attaccandomi, ma io ho fatto solo il mio dovere: raccontare quello che so".
In questa storia la verità sembra sempre sfuggente, contesa tra versioni contrastanti, errori investigativi e sentenze contraddittorie. Sì, esiste una verità giudiziaria, ma se fosse davvero così limpida, lo Stato non starebbe ora mettendola nuovamente in discussione. L'inviato de Le Iene intervista anche Alberto Stasi chiedendogli: "Hai visto cosa sta succedendo adesso?" e lui ha risposto: "Certo. È uno tsunami di emozioni. Spero che si arrivi finalmente alla verità, per Chiara, per la sua famiglia, per tutti. Aspetto gli sviluppi con fiducia".
L'inviato continua e domanda: "Sei più fiducioso o temi che tutto finisca nel nulla?" e Stasi: "La vivo con speranza. Voglio che emerga tutto ciò che è ancora nascosto. Mancano pochi mesi alla fine della mia pena, ma questa non è la vera questione. La cosa più importante per me, per la mia famiglia e per Chiara è la verità". Stasi spiega che alla luce di tutto ciò "è difficile separare le emozioni. Ma sopra ogni cosa prevale la speranza che venga fatta chiarezza". Il giornalista chiede se conosceva Sempio e la risposta arriva diretta e secca: "No, mai visto prima. Era un amico del fratello, ma totalmente fuori dalla mia cerchia. Oggi lo accusano tutti prima ancora di un processo, come fecero con me diciotto anni fa". L'inviato incalza: "Cosa ne pensi?" e lui: "Sono garantista. La verità non va temuta. Se c’è qualcosa da accertare, si accerti".
Arriva poi la regina delle domande: "Credi ancora in una giustizia giusta?" e Stasi risponde: "Sì. Ma dipende da chi la gestisce. È una questione umana". L'intervista va avanti e l'inviato chiede: "Hai notato differenze tra te e gli altri detenuti?" e lui: "Sì. Chi è consapevole della propria colpa spesso si logora. E il dolore si riflette anche su chi sta fuori: genitori, mogli, figli. Il mio caso è diverso. Del giorno della mia condanna mi ricordo tristezza e disperazione. Mia madre... È stato devastante". Il tutto poi si conclude con l'ultima domanda: "Hai mai pensato di mollare, di scappare?" e Stasi: "No. Gli innocenti non scappano. Mai".
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