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IL GIALLO

La caso di Alcamo Marina al centro di Linea di confine: la storia della strage senza colpevoli

Ilaria Albanesi

21 Maggio 2025, 23:30

La caso di Alcamo Marina al centro di Linea di confine:  la storia della strage senza colpevoli

Il nuovo appuntamento di Linea di confine, il programma di Rai 2 condotto da Antonino Monteleone, si occuperà della strage irrisolta di Alcamo Marina.

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I fatti

È la notte tra il 26 e il 27 gennaio 1976 quando un piccolo commando fa irruzione nella caserma dei carabinieri di Alcamo Marina, - detta Alkamar - in provincia di Trapani. Due militari, Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta, vengono uccisi nelle loro stanze: il primo mentre dormiva, il secondo, svegliatosi a causa del rumore improvviso, non riesce a impugnare la pistola e viene freddato dagli assassini.

Le vittime

Le vittime sono Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta. Il primo ha solo 19 anni, originario di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli. In servizio da circa un anno, era arrivato da poco ad Alcamo Marina. L'appuntato Falcetta, invece, aveva 35 anni e attendeva il trasferimento, vista la grave malattia che aveva colpito la madre.

Le indagini

Fin dall'inizio le indagini sulla strage di Alcamo Marina considerarono diverse piste, dal terrorismo eversivo di sinistra al coinvolgimento di Cosa Nostra. Le indagini furono guidate dal capitano Giuseppe Russo e, in un primo momento, vennero perquisite le abitazioni di attivisti extraparlamentari, tra cui Peppino Impastato, poi ucciso dalla mafia. Documenti importanti sull’indagine sparirono dopo la sua morte.

Dopo due settimane dall'inizio delle indagini, viene arrestato Giuseppe Vesco, un giovane di Alcamo considerato problematico. Fermato alla guida di un’auto senza targa, viene trovato in possesso di due pistole. Una è quella che ha sparato contro i carabinieri. Interrogato – con metodi che lui stesso definì simili alla tortura – confessa e accusa tre giovani alcamesi, suoi amici: Giuseppe Gulotta, Gaetano Santangelo e Vincenzo Ferrantelli, oltre a un conoscente di Partinico, Giovanni Mandalà. Tutti, tranne Mandalà, nell’arco di poche ore, confessano la loro colpevolezza. Tuttavia, Vesco ritrattò subito le proprie dichiarazioni e poco dopo venne trovato impiccato nella propria cella, nonostante avesse una sola mano.

Dopo un'assoluzione iniziale nel 1981, Giuseppe Gulotta e Giovanni Mandalà furono condannati all’ergastolo in appello nel 1982, mentre Ferrantelli e Santangelo a 20 anni. L’iter giudiziario fu lunghissimo, tra condanne e annullamenti, fino alla sentenza definitiva all’ergastolo per Gulotta nel 1989. Mandalà è morto in carcere nel 1998, Ferrantelli e Santangelo si rifugiarono in Brasile, Gulotta ha scontato 22 anni prima della revisione del processo.

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Solo il 22 luglio 2010 Giuseppe Gulotta uscì dal carcere in libertà vigilata dopo 22 anni di detenzione. Ferrantelli era ancora latitante in Brasile e Santangelo era stato scarcerato negli anni Duemila. Tutti ottennero un nuovo processo grazie alle rivelazioni dell’ex brigadiere Renato Olino sui metodi illegali usati per estorcere le confessioni.

Le dichiarazioni dell'ex brigadiere Renato Olino

Nel 2008 l’ex brigadiere Renato Olino denunciò che le confessioni di Giuseppe Vesco e degli altri arrestati erano state estorte con torture. La Procura di Trapani aprì due inchieste: una sulla morte dei due militari e l’altra su quattro carabinieri accusati di sequestro e gravi lesioni. Vesco fu sottoposto a elettroshock e annegamento simulato per costringerlo a confessare e potrebbe essere stato ucciso in carcere. Anche gli altri arrestati subirono abusi e minacce. Intercettazioni rivelarono che i carabinieri avrebbero falsificato la scena degli interrogatori per negare le torture.

La revisione processuale

Grazie all’impegno dell’avvocato Baldassarre Lauria e alle rivelazioni del brigadiere Olino, il processo Gulotta fu riaperto nel 2011. Un pentito collegò la strage alla mafia e all’organizzazione segreta Gladio. Il 13 febbraio 2012, 36 anni dopo l’arresto, Gulotta fu assolto con formula piena e risarcito con oltre 6 milioni di euro. Successivamente furono assolti anche Ferrantelli, Santangelo e, post mortem, Giovanni Mandalà.

L'ipotesi Gladio

Nel 2015 il membro della commissione parlamentare antimafia Walter Veltroni ha sostenuto che dietro la strage irrisolta di Alcamo ci sarebbe stata la struttura di Gladio - l'organizzazione paramilitare, frutto di una intesa tra CIA e servizi segreti italiani - nata nell'ambito dell'operazione Gladio, organizzata per contrastare una possibile invasione nell'Europa occidentale da parte dell'Unione Sovietica.

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Falcetta e Apuzzo avrebbero fermato, il giorno prima della strage, un furgone che trasportava armi, forse con a bordo uomini legati a un'organizzazione criminale o paramilitare. Quindici anni dopo, la polizia scoprì un arsenale riconducibile a due militari dell’Arma: l’appuntato Vincenzo La Colla e il brigadiere Fabio Bertotto, più volte impiegato in missioni internazionali in Somalia. Entrambi furono accusati di essere gli armieri della cosca mafiosa di Alcamo e risultarono legati ai Sismi, i servizi segreti militari. Furono assolti da ogni accusa, ma La Colla patteggiò una pena per detenzione illegale di armi.

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