Royal Family
I cavalli fedeli servitori della Corona (foto LaPresse)
Non tutto quel che resta della monarchia britannica passa da jet privati e post su Instagram. Alcune delle sue radici più profonde sono ferrate, sudano e mangiano fieno.
Sono i cavalli delle Scuderie Reali di Buckingham Palace – Windsor Greys e Cleveland Bays – gli ultimi fedeli servitori che ancora trainano, letteralmente, l’immagine della Corona britannica.
I Windsor Greys, dal manto grigio e dal portamento regale, sono la razza scelta per tirare la Gold State Coach, la carrozza dorata che sembra uscita da un film Disney ma pesa più di quattro tonnellate e richiede almeno otto cavalli per muoversi. I Cleveland Bays, invece, sono una razza rarissima, al punto che la famiglia reale è oggi tra i pochi allevatori rimasti. Ironia della sorte: una monarchia in crisi d'identità si aggrappa ai suoi esemplari equini più puri.
Ma non è solo pompa e cerimonia. Ogni mattina, da quasi due secoli, una carrozza parte dalle Royal Mews per consegnare la posta tra Buckingham Palace e St James’s Palace. Una sorta di “Royal Amazon Prime” con le redini, sopravvissuta a due guerre mondiali, Brexit e persino a Harry e Meghan.
E i cavalli non sono solo folklore. Quando, nel 2022, Carlo III è salito al trono, uno dei momenti più attesi non è stato il discorso ufficiale, ma la parata con carrozze e cavalli che ha sancito il passaggio di potere. Le bestie hanno più credibilità delle parole.
Dietro questa macchina cerimoniale c’è una logistica militare: i cavalli sono addestrati come soldati, vivono tra cure veterinarie d’eccellenza e sedute di toelettatura degne di un parrucchiere di Mayfair. Il pubblico può visitarli alle Royal Mews, dove le famiglie inglesi si accalcano per vedere chi porta davvero avanti la monarchia: non Carlo, non Kate, ma Storm e Tyrone, due dei Windsor Greys più fotografati di sempre.
La monarchia britannica sarà pure vista da qualcuno un’istituzione stanca, ma i suoi cavalli no. Corrono, marciano, fanno il loro dovere. E nel silenzio degli zoccoli che battono il selciato, forse, c’è ancora l’eco dell’unico impero che l’Inghilterra non ha perso: quello dell’immaginario.
*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy