Royal Family
La principessa Anna d'Inghilterra alla presentazione dei nuovi standard al Castello di Windsor (foto LaPresse)
Nel cortile glaciale del Castello di Windsor, tra uniformi scintillanti e damaschi d’oro, si è tenuta la cerimonia di presentazione dei nuovi stendardi ai reggimenti della Household Cavalry. A dominare la scena però non è stato re Carlo III – ancora impantanato in una comunicazione pubblica intermittente e in una salute che viene definita discreta – ma sua sorella, la principessa Anna.
Sì, la stessa Anna che i tabloid preferiscono ignorare perché non si presta ai teatrini mediatici di corte, ha indossato l’uniforme dei Blues and Royals per incarnare – letteralmente – il concetto di continuità. E lo ha fatto con una compostezza che suona quasi come un atto d'accusa al resto della “Firm”.
Mentre re Carlo si limitava a ispezionare le truppe (tra strette di mano e saluti formali), Anna presidiava. Non semplicemente presente, ma presidiante: in prima linea, spalla a spalla con i reggimenti, senza fronzoli ma con autorità, nel ruolo di colonnello del reggimento. Una presenza tutt’altro che simbolica, come ha sottolineato anche Hello Magazine, parlando della “rara ma potente sinergia” tra i due fratelli, e indicando Anna come «una figura chiave nei momenti in cui la monarchia mostra segni di stanchezza strutturale».
Le immagini catturate da GB News restituiscono uno scenario coreografato alla perfezione, dove l’unico dettaglio fuori copione è proprio quello che conta di più: la centralità informale di una figura storicamente marginalizzata. Perché Anna, classe 1950, non è mai stata destinata al trono, ma da tempo sembra essere l’unica a portarne con dignità il fardello.
L’evento ha avuto luogo in un contesto che è tutto fuorché cerimoniale: la monarchia britannica attraversa un periodo di crisi latente, tra accuse, dimissioni, scandali e ricostruzioni di facciata. Eppure, tra questi stendardi – ricamati in oro e argento, ma sempre più vuoti di senso – la principessa Anna sembra suggerire che non tutto è perduto, se solo si torna a dare valore alle figure di sostanza piuttosto che ai simboli vuoti.
Mentre l’istituzione cerca ossigeno attraverso narrative moderne e apparizioni-calendario, Anna continua a praticare il dovere silenzioso e inossidabile. Non si vende bene sui social, ma regge ancora le fondamenta. E forse, senza volerlo, manda un messaggio chiaro: a volte è chi non cerca il potere a meritare il comando.
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