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La Banda della uno bianca, la storia dell'organizzazione criminale al centro di Linea di Confine: la strage del Pilastro, i componenti, le condanne

Ilaria Albanesi

07 Maggio 2025, 23:30

La Banda della uno bianca, la storia dell'organizzazione criminale al centro di Linea di Confine: la strage del Pilastro, i componenti, le condanne

La nuova puntata di Linea di confine affronterà il caso della Banda della Uno Bianca, un associazione criminale che tra il 1987 e il 1994 ha terrorizzato Emilia Romagna e Marche, tra rapine a mano armata e omicidi a sangue freddo, con 114 feriti e 24 morti. Dopo anni di indagini andate a vuoto, nel 1996 sono stati condannati i tre fratelli Roberto, Fabio e Alberto Savi, Marino Occhipinti, Pietro Gugliotta e Luca Vallicelli.

 

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La storia della Banda

Attiva tra il 1987 e l'autunno del 1994, la banda della Uno Bianca ha compiuto 103 azioni criminali, causando 24 morti e 114 feriti. I primi colpi risalgono al 19 giugno 1987, con una rapina al casello di Pesaro a bordo della Fiat Regata grigia intestata ad Alberto Savi, uno dei componenti della banda. In meno di due mesi seguirono altre dodici rapine lungo l’A14.

Nell’ottobre 1987 i Savi tentarono un’estorsione ai danni dell’autorivenditore riminese Savino Grossi, che collaborò con la polizia. Il 3 ottobre, durante l’operazione, i banditi aprirono il fuoco: rimasero feriti il sovrintendente Antonio Mosca (morto il 29 luglio 1989), Luigi Cenci e Addolorata Di Campi. Fu il primo omicidio del gruppo.

Nel 1988 vennero uccise le guardie giurate Giampiero Picello e Carlo Beccari. Il 20 aprile, a Castel Maggiore, i carabinieri Cataldo Stasi e Umberto Erriu vennero assassinati dopo aver fermato l’auto dei Savi. Sul caso furono accertati successivi depistaggi. Nel 1989, durante una rapina a Corticella, fu ucciso il pensionato Adolfino Alessandri, testimone oculare del colpo.

Il modello d'auto che diede il nome alla banda criminale

Il 1990 fu particolarmente sanguinoso: sei le vittime. Tra queste, Giancarlo Armorati, ferito il 15 gennaio durante una rapina a Bologna e deceduto un anno dopo, Primo Zecchi, colpevole di aver annotato una targa e Rodolfo Bellinati e Patrizia Della Santina, uccisi il 23 dicembre nel campo nomadi di via Gobetti. Il 27 dicembre, vennero infine assassinati Luigi Pasqui, commerciante, e Paride Pedini, colpito dopo essersi avvicinato a un’auto abbandonata.

La strage del Pilastro

Il 4 gennaio 1991, intorno alle 22, nel quartiere Pilastro di Bologna, tre carabinieri — Otello Stefanini, Andrea Moneta e Mauro Mitilini — furono uccisi in un agguato della banda della Uno Bianca. Il gruppo, in auto verso San Lazzaro di Savena per rubare una vettura, incrociò casualmente la pattuglia in via Casini. Ritenendo di essere stati identificati, i fratelli Savi aprirono il fuoco. Nonostante una prima reazione dei militari, i tre furono finiti con un colpo alla nuca. L’auto dei carabinieri venne crivellata di colpi. Roberto Savi, lievemente ferito, lasciò tracce di sangue sulla Uno bianca poi data alle fiamme a San Lazzaro. 

Le indagini imboccarono direzioni errate. I carabinieri attribuirono la strage alla banda di Damiano Bechis, ex paracadutista, mentre la DIGOS seguì la testimonianza di Simonetta Bersani, che indicò falsamente il pregiudicato Peter Santagata come autore, parlando addirittura di "fiamme che uscivano dalle sue mani". Il 20 giugno 1992 furono arrestati i fratelli Santagata e Marco Medda, ex braccio destro di Cutolo, nell’ambito di un’operazione antimafia definita Quinta mafia con 191 arresti.

Solo nel gennaio 1995, la Corte d’Assise di Bologna li dichiarò completamente estranei ai fatti, dopo che i veri colpevoli confessarono durante il processo.

Le indagini e le condanne

Agli inizi del 1994, dopo anni di crimini rimasti impuniti, il magistrato Daniele Paci formò un pool investigativo a Rimini per indagare sulla banda della Uno Bianca. Il gruppo ottenne scarsi risultati e fu sciolto dopo pochi mesi, ma due poliziotti riminesi, Luciano Baglioni e Pietro Costanza, decisero di proseguire autonomamente le indagini.

Concentrandosi sulle modalità operative del gruppo, sospettarono che i banditi potessero appartenere alle forze dell’ordine, data la conoscenza delle armi, delle tecniche militari e dei movimenti delle pattuglie. Baglioni e Costanza fecero poi una considerazione decisiva: la minuziosa conoscenza delle abitudini dei dipendenti delle banche assaltate indicava che i banditi svolgevano un’accurata attività di osservazione e documentazione prima di agire. Per questo i due decisero di adottare lo stesso metodo, appostandosi per giorni davanti agli istituti di credito nelle zone più colpite.

Il 3 novembre 1994 notarono Fabio Savi mentre effettuava un sopralluogo sospetto con una Fiat Tipo bianca. Lo seguirono fino alla sua abitazione e da lì partirono gli arresti, a cominciare da Roberto Savi.

Roberto Savi nel corso del suo arresto

Il 6 marzo 1996 arrivarono le condanne: ergastolo per Roberto, Fabio e Alberto Savi, e per Marino Occhipinti. Pietro Gugliotta fu condannato a 28 anni, poi ridotti a 18. Luca Vallicelli patteggiò tre anni e otto mesi. Lo Stato fu condannato a risarcire i familiari delle 24 vittime con 19 miliardi di lire.

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