TELEVISIONE
Quelli della notte è il late night show a cui, 32 puntate, sono bastate per fare la storia della televisione italiana. Il programma televisivo ideato da Renzo Arbore e Ugo Porcelli è andato in onda dal 29 aprile al 14 giugno 1985 (dal lunedì al venerdì dalle ore 23). Lo studio era riconosciuto dal conduttore Renzo Arbore come il salotto di casa propria (in realtà si trattava di una scenografia ricostruita all'interno dello studio A del Centro di produzione RAI di Via Teulada).
Arbore ha raccontato che l'idea gli venne osservando il caos delle riunioni di condominio e le conversazioni sconclusionate dei nottambuli. Il format fu pensato come una sorta di jam session della parola, ispirata alle improvvisazioni jazz: nessuna sceneggiatura, solo intuito, ritmo e improvvisazione, in un salotto televisivo volutamente disordinato e surreale che ironizzava sia sulla forma che sul contenuto dei talk show dell’epoca.
Venne portato in tv un nuovo linguaggio che, a suo modo, ha anticipato di decenni il fenomeno dei meme. Il programma ottenne un crescente successo fino a superare il 50% di share. Celebri sono rimaste la sigla di apertura e quella che accompagnava i titoli di coda, rispettivamente, Ma la notte no (che fu proposto anche come titolo della trasmissione in alternativa a Quelli della notte) e Il materasso.
La chiusura fu pianificata fin dall’inizio, infatti la trasmissione era nata come esperimento di fine stagione e non era prevista una prosecuzione o una seconda edizione. Non ci fu quindi una vera e propria "fine" traumatica o improvvisa, ma semplicemente la conclusione di un ciclo già stabilito. Il successo fu tale che Renzo Arbore e parte della sua banda tornarono in televisione due anni dopo con Indietro tutta!.
Andy Luotto era Harmand: punteggiava ogni sua frase nel suo arabo di fantasia, con il tormentone popl' arab'. Il personaggio suscitò le proteste ufficiali di alcune ambasciate di Paesi mediorientali e lo stesso attore fu fatto segno di minacce personali. Gli autori decisero allora di eliminare il contestato personaggio dell'arabo l'ultima settimana, facendo interpretare a Luotto la caricatura di un ricco italo-statunitense di Brooklyn durante l'ultima puntata.
Nino Frassica era frate Antonino da Scasazza: un improbabile frate il cui linguaggio è un miscuglio di parole storpiate e interpretazioni sbagliate. Frate Antonino fu uno dei suoi personaggi più riusciti, le cui tracce sono perdurate nelle sue performance degli anni successivi.
Maurizio Ferrini era un improbabile comunista romagnolo: rappresentante di pedalò della ditta "Cesenautica", che presumeva di svelare fantomatici segreti della Russia sovietica e vantava inesistenti silos pieni di pedalò, condendo ogni suo intervento con il tormentone: "Non lo capisco, ma mi adeguo".
Riccardo Pazzaglia era un brillante scrittore e paroliere: tentava vanamente di innalzare il livello culturale della discussione, ma che ogni volta finiva trascinato dagli altri partecipanti al salotto negli argomenti più banali.
Roberto D'Agostino era il lookologo: dissertava sui nuovi trend sociali. Autore dell'espressione edonismo reaganiano, citava come un tormentone il romanzo L'insostenibile leggerezza dell'essere di Milan Kundera
Massimo Catalano, noto jazzista, era un viveur caprese: la caratteristica era formulare aforismi attraverso cui esprimere delle assolute ovvietà, del tipo: "Meglio essere ricchi e in salute che poveri e malati", "Meglio sposare una donna ricca, bella e intelligente che una donna brutta, povera e stupida".
Dario Salvatori era l'esperto di musica della trasmissione. Richard Benson aveva il ruolo del "metallaro" durante la look-parade condotta da Roberto D'Agostino. Angelo Antonio Toriello, in arte Marvin, interpretava canzoni anni Cinquanta come Dean Martin (mentre Arbore si esibiva come Elvis). Gino Ventura, artista multidisciplinare, eseguiva in varie puntate numeri diversi, da imitazioni a giochi di prestigio.
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