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La vera storia di Antonio Ranieri, il politico e scrittore amico di Giacomo Leopardi

Ilaria Albanesi

08 Gennaio 2025, 19:56

La vera storia di Antonio Ranieri. Politico, scrittore e amico di Giacomo Leopardi

Leopardi - Il poeta dell'infinito è la miniserie Rai che ripercorre la vita del grande poeta, anche attraverso la profonda amicizia con Antonio Ranieri, interpretato da Cristiano Caccamo.

Antonio Ranieri, primo di dieci figli, nacque a Napoli l’8 settembre 1806 da Francesco, funzionario nell’amministrazione delle poste borboniche, e da Maria Luisa Conzo

Fin dai primi anni Venti, Ranieri sviluppò aspirazioni liberali, condividendo tali ideali con intellettuali del gruppo di Basilio Puoti, del quale fu discepolo. Accusato di avere legami con la carboneria, probabilmente a causa delle sue relazioni con i greci rifugiati a Napoli e con individui coinvolti nella rivoluzione del 1820, Ranieri lasciò la sua città natale nel 1827.

Questo allontanamento avvenne con il consenso del padre e su consiglio del governo, per proseguire gli studi senza compromettere la reputazione della famiglia a causa delle sue posizioni politiche. Inizialmente si trasferì a Roma, dove divenne compagno di viaggio di Carlo Troya, un esule napoletano e suo primo insegnante in storiografia.

Il panorama culturale romano, ancorato al classicismo, si mostrava distante dalle nuove tendenze italiane ed europee. Fu nel 1828, durante il suo trasferimento a Firenze, una città nota per la sua apertura e tolleranza verso i rifugiati politici, che Ranieri entrò in contatto con queste nuove idee.

A Firenze, conobbe figure come Giuseppe Ricciardi, Pietro Colletta, Pietro Giordani, Giovan Pietro Vieusseux e Alessandro Poerio, quest'ultimo tramite il quale incontrò Giacomo Leopardi

Ranieri viaggiò in Francia, Germania, Belgio, Inghilterra e Svizzera, per poi tornare a Firenze nel settembre del 1830. Qui rincontrò Giacomo Leopardi, con il quale avviò un sodalizio che, nonostante dissensi e pettegolezzi, durò fino alla morte del poeta, legando indissolubilmente la figura di Ranieri alla sua memoria e fama. I due amici affrontarono notevoli difficoltà economiche; mentre Leopardi riceveva un modesto sostegno mensile dalla famiglia, Ranieri si trovò nel luglio del 1831 senza i finanziamenti paterni.

Dopo aver trascorso del tempo a Roma e Firenze per seguire la sua amante, l'attrice Maddalena Pelzet, nell'autunno del 1832 Ranieri si recò a Napoli, spinto dalle insistenze del padre che desiderava il suo ritorno dopo che il governo aveva concesso il permesso di rientro agli esuli. Ritornato a Firenze nella primavera del 1833, riabbracciò Leopardi e, attraverso di lui, conobbe Fanny Targioni Tozzetti, con la quale mantenne una stretta relazione anche negli anni successivi.

Nell'ottobre del 1833, dopo una breve sosta a Roma, Ranieri si trasferì a Napoli con Leopardi per motivi economici. Tuttavia, nonostante le difficoltà nei rapporti con il padre e l'accoglienza poco calorosa da parte dell'ambiente napoletano a causa della loro controversa convivenza e delle idee anticonformiste di Leopardi, Ranieri continuò a coltivare una cultura di respiro europeo. 

A Napoli, Ranieri si dedicò principalmente all'attività storiografica e letteraria, sostenuto dalla sua collaborazione con Leopardi e influenzato dal suo pensiero. Tuttavia, scelse di esplorare generi diversi da quelli leopardiani, affermando così la propria indipendenza creativa.

Nel 1836, per proteggersi dall'epidemia di colera, Ranieri si trasferì con Leopardi a Torre del Greco, nella casa di campagna della famiglia Ferrigni. Dopo il loro ritorno a Napoli, il 14 giugno 1837, Leopardi morì a causa di idropisia. Ranieri, insieme alla sorella Paolina, lo assistette fino alla fine e si prese cura di trasferire le sue spoglie dalla fossa comune, facendole seppellire presso la chiesa di S. Vitale a Fuorigrotta.

Dopo la morte di Leopardi, Ranieri decise di mettere da parte la sua attività letteraria per dedicarsi a interessi scientifici e, inoltre, intraprese la carriera di avvocato, nonostante non avesse conseguito la laurea, che all'epoca non era richiesta nel Regno delle Due Sicilie.

Nel 1860, si riavvicinò alla politica, partecipando attivamente tra i patrioti che si recarono a Salerno per invitare Giuseppe Garibaldi a entrare a Napoli. Inoltre, fu tra i notabili che a Grottammare chiesero a Vittorio Emanuele II di occupare il Regno borbonico in nome delle popolazioni napoletane. Nel 1861, venne eletto deputato per il sesto collegio di Napoli e mantenne il suo seggio fino alla XIV legislatura, sedendo al centrosinistra accanto a Francesco Guerrazzi, con il quale condivideva affinità sia politiche che letterarie.

Nel 1860 ottenne la cattedra di storia presso l'Università di Napoli e le sue attività accademiche culminarono nel 1862 con la nomina a professore onorario titolare. Nello stesso anno, rifiutò la carica di senatore, che gli fu poi conferita nell'autunno del 1882.

Morì celibe a Napoli il 4 gennaio 1888.  

Le polemiche sull'opera dedicata a Leopardi

A quarant’anni dalla scomparsa del poeta, Ranieri pubblicò Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi, un memoriale seguito da aspre polemiche per l’autocelebrazione dell’autore, la sovrabbondanza di particolari sfavorevoli alla memoria del poeta e l’assenza di riflessioni sulla sua grandezza intellettuale. 

Nel suo libro, Ranieri affermava di aver sostenuto economicamente Leopardi. Tuttavia, nel 1892, Giuseppe Piergili pubblicò nel volume Nuovi documenti intorno alla vita e agli scritti di Giacomo Leopardi alcune lettere e cambiali firmate da Leopardi, l'ultima delle quali, di 35 scudi, era stata incassata solo quattro giorni prima della morte del poeta. Questi documenti rivelarono l'infondatezza delle affermazioni contenute nel Sodalizio, dimostrando che era Leopardi a mantenere i fratelli Ranieri grazie alla modesta rendita inviata dai suoi nobili genitori. 

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