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Cronaca

Truffa delle criptovalute, Ferrari e barche con i soldi del DtCoin

Pure mezzo milione per la casa della figlia nel lungo elenco di beni e operazioni su cui la Procura ipotizza anche il reato di autoriciclaggio per 14 dei 25 indagati

12 Novembre 2025, 12:12

Claudio Cicchella

Il procuratore capo di Spoleto, Claudio Cicchella

C’è chi ha versato più di mezzo milione di euro alla figlia per l’acquisto di casa, chi ha comprato una Ferrari California euro e chi ha trasferito denaro per quasi 50 mila euro a un’impresa con sede a Malaga (Spagna) che opera nel settore dell’estrazione dell’oro. Poi ci sono anche barche e orologi, automobili e motociclette, nel lungo elenco di beni e operazioni finanziarie su cui la Procura di Spoleto ipotizza anche il reato di autoriciclaggio a carico di 14 dei 25 indagati nell’ambito dell’inchiesta per la maxi truffa aggravata perpetrata con una criptovaluta, il DtCoin, con un valore che veniva presentato come collegato alla commercializzazione dei “Big data” e di cui è ideatore un informatico di Roma domiciliato a Cascia.

Il gigantesco raggiro avrebbe coinvolto oltre 30 mila investitori sparsi in diversi paesi del mondo, i quali, tra l’inizio del 2019 e la metà del 2023, avrebbero versato alle due società di riferimento circa 36,8 milioni.

Una cifra monstre che la Procura di Spoleto considera il valore complessivo della truffa contestata e naturalmente il danno complessivo patito dalle presunte vittime.

Dei 30 mila investitori residenti in mezzo mondo, perché la criptovaluta veniva pubblicizzata su canali web, dai gruppi Telegram a YouTube, soltanto una ventina scarsa ha depositato querela attraverso l’avvocato Michele Peretto del foro di Bologna, che è esperto in truffe finanziarie, e l’avvocato Dario Zanno del foro di Pescara.

Tutti gli investitori, è la ricostruzione degli inquirenti, sarebbero stati indotti in errore sulla genuinità e solidità dell’operazione, per la quale nel giugno 2018 il documento di sintesi riepilogativo delle caratteristiche dell’investimento prospettava guadagni sicuri.

Secondo gli inquirenti gli investitori sarebbero stati raggirati anche paventando la quotazione in borsa della società, che però non è mai avvenuta, la possibilità di conversione della criptovaluta Dt Coin in euro e la presenza di una riserva di diamanti, a cui peraltro faceva anche riferimento una brochure del 2017 contenente l’espressa indicazione che il DtCoin avesse una rivalutazione intrinseca dei diamanti posti a garanzia.

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