Iscrizione alla scuola calcio negata a bambino di 8 anni perché il fratello maggiore ha cambiato società: la denuncia pubblicata ieri su queste colonne non è un caso isolato. Il Corriere dell’Umbria ieri è stato contattato dal genitore di un altro piccolo giocatore di 8 anni che - era il 2019 - non è stato ammesso alla scuola calcio (anche in quel caso si trattava del rinnovo di un’iscrizione) perché il fratello più grande aveva deciso di lasciare quella stessa società.
“Sono andato a parlare coi dirigenti - ha detto il padre - e gli ho chiesto se un bambino di 8 anni potesse rappresentare un problema per loro. Mi è stato risposto che non avrebbero saputo come gestire il caso. Io sono stato costretto ad iscriverlo in un’altra squadra, lui ha dovuto lasciare i compagni e gli amici di sempre. A 8 anni un bambino non può subire queste cose solo per la decisione dei dirigenti di una squadra. So anche che ci sono stati casi simili”.
E proprio su questo il Corriere dell’Umbria - che non rende noto il nome della società proprio per tutelare i minori coinvolti - intende andare fino in fondo.
Sul caso interviene anche l’assessore comunale di Perugia allo Sport, Pierluigi Vossi. “Sono venuto a conoscenza della vicenda dai social e dalla stampa. Mi sto attivando con l’attenzione del caso: preso atto della vicenda denunciata dalla madre del bambino. E lo sto facendo con la dovuta discrezione”, assicura l’assessore della giunta di Vittoria Ferdinandi.
Tutto questo “nel rispetto di tutti i soggetti che appaiono chiamati in causa, per comprendere cosa sia successo. E quali possano essere le responsabilità della compagine sportiva o dei suoi singoli tesserati: che se del caso, per tali ipotesi, dovrebbero essere attenzionati da chi ha l’obbligo di indagare sull’accaduto (Procura federale sportiva FIGC). Discrezione la mia rivolta soprattutto al rispetto del minore, per il quale è doveroso usare la massima cautela evitando ogni esposizione mediatica. In attesa dei necessari chiarimenti, desidero ribadire un principio fondamentale: lo sport deve rappresentare sempre un luogo di inclusione, di crescita e di rispetto per i ragazzi, mai di esclusione o discriminazione. Questi valori non sono astratti, ma si coltivano ogni giorno negli impianti sportivi grazie al lavoro e alla responsabilità condivisa di dirigenti, istruttori e genitori, nessuno escluso. Proprio per questo, episodi come quello emerso devono essere approfonditi con la massima serietà e responsabilità, affinché lo sport continui ad essere uno spazio educativo e accogliente per tutti”, conclude Vossi.
Il Corriere dell’Umbria ha sentito anche il presidente della società che non ha voluto rilasciare dichiarazioni né ha confutato la versione della madre.

