Il caso
Giuliano De Stefani
Un gesto di solidarietà che entra a buon diritto tra le belle storie da raccontare in un’epoca dove i manager se ne vanno con buonuscite milionarie dopo aver distrutto le aziende. Protagonista del bel gesto è il direttore generale dell’Università per gli stranieri di Perugia, Giuliano De Stefani. Il direttore ha deciso di donare una parte della sua indennità personale, 3 mila euro, a tre dipendenti dell’ateneo che si sono distinti per la loro “invisibile dedizione e il garbo del loro operato”.
- Direttore De Stefani, può spiegarci cosa l’ha spinta a questo gesto insolito?
Credo profondamente che il lavoro di qualità e l’impegno costante meritino di essere riconosciuti in modo concreto. Nella nostra società, purtroppo, si parla spesso di merito, ma si fa ancora troppo poco per premiarlo. In questo caso, ho avuto il piacere di osservare come tre collaboratori del mio ateneo abbiano superato le aspettative, dimostrando una dedizione straordinaria invisibile non solo verso il loro lavoro, ma anche verso la missione dell’ateneo. La mia decisione vuole essere un segnale, un gesto di gratitudine personale.
- Questa donazione, ha sottolineato, è una scelta personale e non si basa su obblighi normativi. Ritiene che le istituzioni dovrebbero seguire un approccio simile?
Ci tengo molto a ribadirlo perché qui l’ateneo non ha nessun tipo di ruolo e quindi questo versamento si configura come una donazione liberale tra privati. Sicuramente le istituzioni hanno i loro vincoli, ma penso che sia fondamentale trovare spazi per valorizzare chi fa la differenza.
- Può dirci qualcosa di più su questi tre dipendenti e su come si sono distinti?
Preferirei non entrare nei dettagli personali, per rispetto della loro privacy. Si tratta di collaboratori che non sono necessariamente i più brillanti o quelli che si sono distinti maggiormente per le loro performance, ma che mi hanno colpito per la loro immedesimazione nell’istituzione e per il loro profondo senso del dovere. Queste, potremmo dire, sono le motivazioni che mi hanno spinto a compiere questa scelta, forse un po’ inusuale nel panorama della pubblica amministrazione.
- C’è un messaggio che vorrebbe lanciare con questa iniziativa?
Sì, ed è molto semplice e fondamentale. Il lavoro di squadra. I migliori risultati non si ottengono solo grazie alle capacità individuali, ma attraverso una squadra composta da persone competenti, capaci e, soprattutto, serie, che credono nel proprio lavoro e nei valori delle istituzioni. Questi sono i principi che ho voluto premiare. La mia selezione è stata una scelta personale, priva di influenze esterne. Ho scelto persone meno visibili all’interno dell’amministrazione, quelle che hanno lavorato in silenzio, spesso in condizioni difficili, senza clamore o riflettori puntati su di loro. Ho apprezzato profondamente la dedizione discreta e costante, un lavoro portato avanti nell’ombra per il bene dell’istituzione. Se dovessi individuare un criterio distintivo, sarebbe proprio questo: aver contribuito con impegno e riservatezza, dimostrando un forte senso del dovere.
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