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Quella di “Elf on the shelf” (elfo sulla mensola) è una tradizione americana, ormai diffusa anche in Italia, secondo la quale Babbo Natale invia un suo elfo a casa del bambino con l’obiettivo di osservare come si comporta e se è meritevole dei doni che riceverà il giorno della Vigilia. Durante la sua permanenza si diverte a fare scherzi, rendendo evidente la sua presenza e contribuendo a creare un clima natalizio più vivace in casa. Il momento dell’addio avviene attraversando una porticina magica, ma è solo un arrivederci se sono state rispettate tutte le regole di convivenza: in primis, non toccarlo!
Arrivo e scherzetti
L’elfo arriva il giorno del Ringraziamento con tanto di letterina di presentazione (scritta lui stesso o da Babbo Natale) e con un certificato di adozione in cui compare il suo nome. Ogni anno l’elfo tornerà, inscenando un arrivo diverso: su una mongolfiera, su una slitta, dal camino o, più semplicemente, apparendo sulla mensola. Per tutto il tempo si piazza lì e prende parte alla vita della famiglia, osservando tutto quello che succede e, soprattutto, tutto ciò che fa il bambino: buone azioni e marachelle. Insomma, una presenza da cui è impossibile sottrarsi. Nel frattempo, approfitta della sua permanenza per mettere in atto qualche scherzetto qua e là.
«C’è solo una regola che devi seguire per farmi tornare ed essere qui domani: per favore non toccarmi, la mia magia potrebbe sparire e Babbo Natale non saprà tutto quello che ho visto e so», si legge nel libro di Carol e Chanda (The elf on the shelf: a Christmas tradition), in cui si racconta come questi elfi si spostino ogni notte al Pol o Nord per riferire a Babbo Natale il comportamento dei bambini, tornando poi al mattino in una nuova posizione. Restare fermi su una mensola tutto il tempo potrebbe risultare monotono, così il piccolo elfo, di notte, entra in azione. Non c’è limite a ciò che potrebbe combinare: di certo lascia il segno, facendosi trovare impiastricciato di farina dopo averne sparsa un po’ sul pavimento o lasciando i pupazzi in posa dopo una festa organizzata nottetempo. A volte utilizza persino il cellulare dei genitori per documentare le sue bravate notturne, e tutto diventa virale: selfie nel microonde, sprofondato in una ciotola di popcorn, oppure mentre dirige un coro di mele e mandarini, oppure spaparanzato su un telo a sorseggiare una bibita, come se fosse in spiaggia.

Partenza e porticina magica
L’elfo rimane fino alla Vigilia, quando arriva Babbo Natale. Poi apre la sua porticina magica e torna a casa. Anche la porta, naturalmente, funziona grazie alla magia: la tradizione vuole che l’elfo lasci al bambino una polverina magica da soffiare proprio davanti alla porticina, così da riattivare i suoi poteri e prepararsi al viaggio di ritorno verso il Pol o Nord. Le porticine degli elfi, così come le conosciamo oggi, sono una versione moderna delle antiche porte delle fate, una tradizione europea che affonda le sue radici soprattutto in Irlanda, in Inghilterra e in alcune regioni nordiche. In quei racconti si parlava del piccolo popolo (fate, gnomi, spiriti della natura) che viveva in un mondo parallelo, accessibile solo attraverso minuscole porte nascoste nei tronchi degli alberi, nei muri delle case o perfino tra le rocce. Queste porticine erano considerate vere e proprie soglie magiche tra il nostro mondo e quello incantato. Ai bambini si raccomandava di non aprirle mai, ma di rispettarle e, talvolta, di lasciare piccoli doni per attirare la benevolenza delle fate. Si diceva anche che di notte le fate potessero entrare silenziosamente per portare fortuna, proteggere la casa o, chissà, esaudire un desiderio. Negli anni, tutta questa magia si è trasformata in un rito natalizio sempre più diffuso: la porticina dell’elfo, che di solito si colloca vicino al battiscopa o su una mensola, è diventata un dettaglio scenografico capace di accendere l’immaginazione. C’è chi aggiunge una scaletta, chi delle impronte sulla neve, mini pacchetti regalo o perfino una minuscola buca delle lettere, da cui l’elfo può lasciare, o ricevere, messaggi segreti.
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