Attualità
Il monitoraggio delle dispersioni di metano in Umbria
In Umbria la puzza di gas c'è ma non si sente. È questo il risultato della campagna “C’è puzza di gas” promossa da Legambiente, arrivata alla settima tappa, che denuncia i rischi legati all’estrazione e alla distribuzione di gas fossile mettendo in evidenza, attraverso specifici monitoraggi delle infrastrutture della filiera, le perdite e i rilasci di metano.

Nei giorni scorsi, l’associazione ha condotto attività di monitoraggio su cinque impianti situati tra Perugia, Foligno e Spello, due dei quali sono stati visitati ieri mattina nella città della Quintana: l’impianto di regolazione e misura della rete di trasporto in via Antonio da Sangallo, e una cabina di regolazione e misura della rete di distribuzione in via Anastasi. Nel primo impianto, attraverso l’uso di un naso elettronico, è stata registrata una concentrazione massima di 343 ppm (livello medio) su una valvola. Significativo anche il valore rilevato su una flangia nello stesso impianto, che ha raggiunto un picco di 104 ppm (livello medio).
Nella cabina di regolazione e misura della rete di distribuzione, invece, la concentrazione più elevata è stata di 1.640 ppm (concentrazione alta) misurata in prossimità di una flangia, valore al di sopra dei 500 ppm indicata dal Regolamento europeo come soglia per intervenire obbligatoriamente per la riparazione. Su altre due flange della stessa cabina, la massima concentrazione registrata è stata di 90 ppm (livello basso). Insomma, fortunatamente non è stata riscontrata una grande perdita, ma tante piccole sommate tra loro equivalgono a una enorme.

Il tour è stato fatto alla presenza di Maurizio Zara e Brigida Stanziola, rispettivamente presidente e direttrice di Legambiente Umbria, di Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente nazionale, di Irene Costarelli di Arpa Umbria, e del professor Fabio Montagnaro del dipartimento scienze chimiche dell’Università Federico II di Napoli.
L’iniziativa “vuole far vedere qual è l’impatto a livello di inquinanti, di cambiamenti climatici e anche a livello estetico delle infrastrutture del gas – ha spiegato Maurizio Zara, presidente di Legambiente Umbria – Le dispersioni rappresentano un problema intanto per le nostre tasche, perché le paghiamo in bolletta. E poi contribuiscono in maniera più importante della CO2 sui cambiamenti climatici. Per tutti questi motivi sarebbe meglio non disperdere il gas, ma anche utilizzarlo sempre meno e passare il più velocemente possibile alle rinnovabili”. I dati hanno dimostrato che le dispersioni, in Umbria, ci sono. “Ma è inevitabile – ha detto Zara – Se ci dobbiamo preoccupare? Nell’immediato la sicurezza c’è, non ci sono rischi di esplosione, ma questi dati segnalano che occorre prestare molta attenzione sia alla manutenzione che a limitare il più possibile le dispersioni attualmente presenti”.

“Il gas metano – ha aggiunto Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente nazionale – è fino a 86 volte più climalterante della CO2. E poi c’è il tema della manutenzione degli impianti. Nell’ultimo anno è entrato in vigore un Regolamento europeo che per la prima volta chiede alle imprese di fare una serie di controlli in tempi molto più stretti di quelli che venivano fatti prima. Arera per il 2024 aveva un numero simile a quello che noi avevamo trovato in otto impianti in due regioni. Il fatto che ci sia un controllo così poco stringente significa che non si ha la reale capacità di quantificare il problema. Questo gap va assolutamente colmato”.
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