CRONACA
Don Pietro Ortica: "La reliquia è custodita al sicuro"
Un frammento della Santa Croce, piccolo piccolo ma ben conservato e certificato, sia dal Vaticano che da due vescovi, c’è anche a Perugia, nella parrocchia di Santa Maria di Colle, nel quartiere di via dei Filosofi. Esiste come minimo da circa 700 anni, senza essere pubblicizzato (pensiamo al Santo Anello o alla Sacra Spina, oggetti di devozione e festeggiamenti) e nei giorni scorsi è riemerso dall’oscurità quasi casualmente.
Domenica passata, durante l’omelia dedicata, appunto, alla ricorrenza della “scoperta” della Santa Croce a Gerusalemme, il parroco don Pietro Ortica, da 45 anni alla guida della parrocchia, ha iniziato raccontando una storia che arriva da lontano, da quando “sant’Elena, mamma dell’Imperatore Costantino, devotissima, fece scavare il Golgota per trovare la croce di Gesù. Eravamo nel 326 d.c.. Davanti ai tanti pezzi di legno riportati alla luce, si provvide ad adagiare su ognuno un malato grave o addirittura un morto e si vide che solo su una croce i malati guarivano e i morti resuscitavano. Fu portata a Roma e oggi è custodita all’interno della Basilica di Santa Croce in Gerusalemme”. Pausa: “ma anche noi abbiamo un pezzo di quella croce”.
Qualcuno sapeva, altri si sono guardati perplessi. Don Pietro ha poi spiegato: “è custodita in una teca in un luogo sicuro, ma ogni anno per questa ricorrenza viene esposta sull’altare. In rete sono citate altre città che hanno pezzi di Santa Croce e non c’è Perugia? Bene, adesso sapranno che ci siamo anche noi”. Don Pietro ha compiuto da poco 80 anni, è sacerdote dal 1969 ed ha vissuto praticamente sempre in questa parrocchia, che anticamente era in corso Cavour (attualmente la vecchia chiesa ospita l’Auditorium Marianum) e solo dal 1957 è stata trasferita in quella che allora era considerata la periferia della città.
La costruzione della chiesa originaria viene fatta risalire all’elezione di Papa Onorio III, avvenuta a Perugia il 19 luglio 1216. In quegli anni vennero fabbricate molte chiese e conventi come Santa Maria di Colle e Monteluce. Altri storici (Serafino Siepi, Pompeo Pellini, Cesare Crispolti), però, collocano il titolo di “parrocchia” tra il 1285 e il 1366. In un caso o nell’altro non si parla di questa reliquia, ma per due fatti congruenti.
Nel Medioevo ogni chiesa aveva una sovrabbondanza di reliquie, anche minuscole, ma la quantità, è brutto osservarlo, faceva aggio sulla qualità. La cosa peggiore, però, è stato l’incendio che nel 1913 mandò in fumo l’intero archivio della parrocchia. Si salvarono due documenti importanti, però, due certificazioni, che don Pietro ha mostrato al Corriere dell’Umbria assieme alla teca contenente il frammento della Santa Croce.
Il primo risale al 1760 ed è redatto a mano (pennino e inchiostro) dall’arcivescovo di Perugia Francesco Riccardo Ferniani. Che a proposito della teca attuale, regalata alla parrocchia nel 1742, scrive: “Contiene un frammento del legno della Croce della Crocifissione di Gesù Cristo, riconosciuto ufficialmente con privilegio presso l’Illustrissimo e Reverendissimo Monsignor Domenico Giordani, vicario della città di Roma”.
Il secondo documento, ancora più dettagliato, è del 1858, quando il vescovo di Assisi Luigi Landi-Vittorj, definito “prelato assistente al soglio pontificio”, dunque molto vicino al Papa Pio IX, fu incaricato di redigere un inventario delle reliquie parrocchiali, in quella occasione raccolte tutte assieme in una “teca reliquiaria, in ottone dorato (auricalco), di forma ovale e chiusa da un unico cristallo”. L’elenco è lunghissimo, ed oltre al “frammento del legno della Santissima Croce di Gesù Cristo e della colonna alla quale Gesù fu flagellato”, si parla di frammenti “della veste battesimale della Vergine Maria, del mantello di San Giuseppe, delle ossa dei santi Pietro e Paolo e del cilicio appartenuto a Santa Chiara d’Assisi”, oltre a reliquie “di San Stefano, San Lorenzo, San Costanzo, Sant’Antonio, San Francesco, San Bonaventura e Santa Margherita da Cortona”.
Scattate le foto, ripiegati i documenti, le teche sono tornate in banca, al sicuro nelle loro cassette di sicurezza.
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