Festival di Spoleto
Monique Veaute (Foto Alessio Vissani)
Di ritorno a casa, Monique Veaute si dice felice. Il suo ultimo Festival dei Due Mondi l’ha salutata, dopo un quinquennio, con una pioggia di messaggi di gratitudine e riconoscenza.
“Sono tornata a casa piena di fiori, di regali, di premi”, dice sorridendo la direttrice artistica uscente. Persino Carlo Pagnotta, direttore artistico di Umbria Jazz, le ha scritto un messaggio affettuoso. E lei ne è quasi stupita. “Continuo a riceverne tanti”, racconta. A conclusione del suo mandato, la direttrice artistica uscente traccia un bilancio personale dopo quello istituzionale reso noto domenica scorsa che ha mostrato consuntivo dell’edizione 2025 con numeri gratificanti per lei, per tutto il team e per la città.
- Monique, qual è stato, secondo lei, il cuore del suo lavoro a Spoleto?
Immaginare delle opere per luoghi non facili, le chiese sconsacrate, i palcoscenici complessi, è stata una sfida, ma credo che sia andata molto bene. Il rapporto con la città è cresciuto progressivamente, direi che è stato sempre migliore. Ho cercato di rispondere alle attese delle diverse categorie del pubblico e credo di esserci riuscita. E poi abbiamo preso le redini in un periodo difficile in il Covid ha reso tutto critico, ma siamo riusciti ad affrontarlo e a superarlo.
- C’è qualcosa che lascia in sospeso? Progetti avviati che spera vengano portati avanti?
No. Sono totalmente contraria all’idea di impegnare il nuovo direttore artistico. Avrà il suo stile, le sue idee, e non è giusto condizionarlo. Non lo ha fatto Giorgio Ferrara con me, e io non lo farò con lui.
-Come definirebbe il “suo” Festival?
Un festival di successo, di grande pubblico, che ha saputo creare curiosità verso la complessità del mondo.
- In questi anni, si è notata un ritorno del pubblico internazionale. A cosa lo attribuisce?
Prima di tutto, al programma stesso, che era molto internazionale. E poi, sempre più spesso, sono arrivate delegazioni da tutto il mondo: Cina, Austria, Australia, Germania, Francia, Gran Bretagna, Spagna. La voce si è sparsa, sia attraverso gli artisti sia tramite le istituzioni internazionali, che il Festival aveva ritrovato la sua identità, le sue peculiarità originale.
- Ha avuto modo di incontrare o confrontarsi con il nuovo direttore artistico, Daniele Cipriani?
Gli auguro grande successo. Ha un suo stile, un suo carattere, delle sue peculiarità, ed è giusto che le esprima. Non credo abbia senso copiare ciò che è stato fatto prima. Anche il mio rapporto con Gian Carlo Menotti, il fondatore del Festival, è stato un’ispirazione, ma non avrebbe avuto senso ripetere le sue stesse cose.
- Dunque considera il suo ciclo ormai chiuso?
Sì, credo proprio di sì. Ho fatto quello che dovevo fare e sono soddisfatta.
- Nessun sassolino nella scarpa da togliersi?
No, assolutamente. Sono felice. Questo ultimo Festival mi ha dato tantissime prove di affetto, di considerazione e di sostegno. Non so cosa significhi tutto questo, ma mi sento ampiamente ripagata.
- E ora, cosa farà?
Adesso è troppo presto per parlare di progetti futuri.
- Va in vacanza?
Sicuramente.
- Mare o montagna?
Mare, mare, mare!
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