UMBRIA
Nazaro Pagano, Presidente Fand (Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità)
Il G7 sull’inclusione e la disabilità costituisce un significativo atto di cooperazione internazionale attuativo della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità che impegna tutti gli Stati aderenti a favorire politiche comuni volte a garantire che tutti gli individui abbiano uguali diritti alla piena ed effettiva partecipazione alla vita sociale, culturale, educativa, economica, civile e politica. Per la prima volta assistiamo a un evento dei 7 Grandi che pone al centro dell’attenzione la disabilità nelle complesse e complessive sfaccettature che riguardano milioni di cittadini e le loro famiglie, per la prima volta i 7 Grandi stati si siederanno intorno ad un tavolo con i rappresentanti di governo titolari della delega in favore delle politiche sociali o della disabilità. E’ la naturale conseguenza di un impegno continuo e costante del governo italiano e del ministro Alessandra Locatelli, titolare del dicastero per le politiche in favore delle persone con disabilità. La svolta epocale che stiamo vivendo, il deciso cambiamento culturale rispetto a paradigmi dei temi afferenti la disabilità e la nuova visione che pone la persona al centro richiedono un innalzamento dei livelli di attenzione per elaborare sempre nuove strategie. Il ministro Locatelli, che presiederà l’importante appuntamento, potrà presentare una riforma complessiva di sistema, quella riforma figlia della legge delega 227/21 e del decreto legislativo 62/2024 che facendo piena applicazione degli articoli 2, 3, 31, 38 della Costituzione e delle disposizioni contenute nella Convenzione Onu, pone al centro dell’attenzione la persona, la sua capacità di autodeterminarsi anche attraverso la scelta di progetti di vita indipendente, al fine di favorire il pieno esercizio dei diritti civili e sociali in condizione di parità con gli altri. Si tratta dell’applicazione coerente dei principi proclamati dalla Carta delle Nazioni Unite che riconoscono la pari dignità e pari godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali di tutti gli appartenenti alla “famiglia umana”. L’universalità dei diritti delle “persone” impone la necessità di politiche comuni dirette a riequilibrare i profondi svantaggi sociali delle persone con disabilità in un’ottica di valorizzazione della loro partecipazione alla crescita delle comunità e del benessere generale. L’Italia, con la legge delega 227/2021 e, in particolare, con il Decreto legislativo n. 62/2024, si pone in una posizione di guida nell’attuazione delle politiche di tutela e di valorizzazione delle persone con disabilità. Si tratta di un mutamento culturale e politico che mette al centro delle norme la persona vista non solo nella sua condizione di salute ma in quanto soggetto appartenente alle comunità in cui vive e all’interno delle quali intende sviluppare, valorizzando il talento e le competenze di ciascuno, il proprio Progetto di vita. Promuovendo, altresì, l’eliminazione delle discriminazioni nei confronti delle persone con disabilità. Ossia quei trattamenti ingiusti, pregiudizi e ostacoli che le persone possono incontrare a causa delle loro condizioni fisiche o cognitive. L’evoluzione storica delle discriminazioni contro le persone con disabilità è stata caratterizzata da una presa di coscienza progressiva della necessità di garantire pari opportunità e diritti a tutti, indipendentemente dalle loro condizioni. La disabilità, quindi, non più come condizione del singolo e di tutela e protezione della sua situazione di svantaggio ma come condizione relazionale tra persona e ambiente in cui vive con individuazione dell’apporto che ciascuno può dare agli altri e del sostegno di cui ha bisogno per la realizzazione delle proprie aspirazioni secondo un principio di autodeterminazione. La garanzia di non discriminazione e il diritto all’accomodamento ragionevole secondo principi di solidarietà costituiscono gli aspetti che riducono la condizione di disabilità e gli svantaggi alla stessa collegati. Questa esperienza, tutta italiana, potrà essere la base comune per un’omogeneizzazione dei diritti e delle tutele negli altri ordinamenti nazionali. Importante sarà il confronto con quelle maturate negli altri Stati, con l’assunzione dell’impegno ad allargarne la condivisione ad un sempre più ampio numero di Paesi, trattandosi di tutelare diritti universali dell’Uomo. Come declinare oggi la parola “inclusione”? E’ un obiettivo complesso, che potremo perseguire solo se sapremo costruire un futuro comune di respiro europeo, dove i temi sociali dovranno necessariamente intrecciarsi con quelli economici. Dove i retaggi culturali discriminatori del passato possano essere superati da nuove forme di cittadinanza, diritti e dignità sociale. Ma, anzitutto, dove le politiche di sviluppo economico e tecnologico, sempre più veloci, divengano anche socialmente sostenibili, in modo che non lascino indietro i soggetti più fragili della popolazione come troppo spesso oggi accade. In breve, occorre lavorare fin d’ora a un progetto di futuro che trasformi il nostro indispensabile welfare di protezione e tutela delle persone con disabilità in più ampie politiche globali di coesione sociale. Contrastare i divari economici crescenti e costruire davvero le pari opportunità - per tutti i cittadini - non sarà tuttavia un compito facile. I grandi cambiamenti tecnologici, economici e politici che in questi anni stanno trasformando il volto della nostra Europa e di tutte le società più avanzate rendono ancor più necessario progettare politiche di inclusione che innovino i nostri attuali modelli di welfare, dove finora l’Italia, almeno nel campo della normativa, ha comunque fatto in tanti settori da apripista, dando un esempio positivo ad altri Paesi. Ecco perché l’Italia ha oggi un ruolo importante da svolgere nel promuovere un dibattito costruttivo, nel favorire un modello di crescita che sia connessa al benessere delle persone. Nel dare il proprio contributo di esperienza perché il cambiamento sia motore di sviluppo non solo economico, ma sociale e culturale anzitutto per i cittadini con disabilità e le loro famiglie. Perché migliorare la loro qualità di vita significa migliorare la qualità di vita di tutti. Perché realizzare inclusione significa anche creare coesione.
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