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L'intervista

A Tuoro sul Trasimeno si fonde l'arte del pizzo d'Irlanda con quella orafa. Graziella Bennati: "Vi spiego le mie creazioni"

L’artigiana artistica e tradizionale si racconta: le prime mostre a Vicenza, le serate in America con Marchionne e l'esperienza in Cina

Gabriele Burini

07 Ottobre 2024, 14:43

Graziella Bennati

Graziella Bennati è artigiana artistica tradizionale del pizzo d'Irlanda e fonde quest'arte a quella orafa

“Mi ricordo che quando ero bambina stavo con mia nonna. Lei la sera lavorava il pizzo d’Irlanda davanti al camino e parlava con me, muovendo le mani velocemente, contando mentalmente le maglie per realizzare i petali della rosa tutti uguali. Le chiedevo sempre come faceva: ‘Parlo con te e conto nella mia mente: vedrai, imparerai col tempo’, mi diceva”. Graziella Bennati, quella lezione, l’ha imparata. Oggi è l’unica che fonde l’arte del pizzo d’Irlanda, tecnica che fu portata a Isola Maggiore dalla marchesa Elena Guglielmi all’inizio del Novecento, con l’arte orafa.

- Graziella, ma quando è nata questa passione?
Io sono nata a Borghetto di Tuoro sul Trasimeno, e a Isola Maggiore c’era la tradizione del pizzo d’Irlanda. Sono orafa da 49 anni, alla fine del 1974 sono stata iscritta nel registro imprese toscane e, il 20 agosto 1984, in quello umbro. Per 28 anni ho fatto la terzista per le migliori aziende di Arezzo. Poi dopo la caduta delle Torri Gemelle il mercato è crollato e io sono stata costretta a chiudere il laboratorio con i dipendenti, tra cui mio figlio. Non è stata una decisione facile, lavoravamo a cottimo e con l’entrata in vigore dell’euro i prezzi si sono dimezzati.

- E poi cosa ha fatto?
Mi ero detta di chiudere tutto, ma già una settimana dopo questa decisione mi sentivo male. Non volevo fare di nuovo la terzista e quindi mi sono detta di comprare l’oro al banco metalli per provare a realizzare un filo da lavorare con l’uncinetto. Ci ho impiegato molto tempo per poterlo lavorare. Ho realizzato una collana, un bracciale e un paio di orecchini, li ho impreziositi con tormaline e poi li ho dati al titolare dell’azienda dove per 20 anni avevo fatto la terzista, chiedendogli di portarli alla fiera dell’oro di Vicenza. Mentre erano in fiera, mi chiamano per dirmi che era interessato ad acquistarli l’emiro di Dubai. Così sono partita per Vicenza ma non ho accettato la sua offerta. I miei sono pezzi unici, lui faceva il suo interesse. Mi ha messo sopra al tavolo una manciata di dollari e mi ha detto “questo è il prezzo”. Ho rifiutato e non ci siamo più sentiti.

- Ma lì qualcosa è cambiato…
Sì, ho capito che questa cosa era una novità. Ho iniziato a fare la fiera di Vicenza ogni anno e i miei lavori hanno iniziato a suscitare l’interesse anche del giornale ufficiale dell’ente fiera, 18 karati.

- L’ha contattata qualcuno?
Una collezionista di sandali gioiello, ne voleva un paio in oro. Io le dissi che potevo fornire i componenti da poter applicare sulla scarpa, ma lei voleva proprio una mia produzione. Ho lavorato tre mesi su quei sandali, perché a differenza del cotone - che se sbagli riparti da capo - l’oro non consente errori. Se sbagli lo metti da parte, rifondi e fai il filo da zero. Quando vanno a montare i sandali però tagliano tutti i fili, così ho dovuto rifare tutto il lavoro. Ma una volta completato era tempo di fiera a Vicenza e io non avevo fatto altro che questi sandali. Se si torna in fiera con i prodotti vecchi significa che non hai venduto nulla, solamente che io non avevo avuto tempo per realizzare qualcosa di nuovo. Ho chiesto il permesso alla collezionista di portarli in fiera e lei mi ha dato l’ok. Quell’anno ero in coesposizione con altre due aziende, metto i miei prodotti sopra un cuscino e un collega mi dice che una signora stava fotografando i sandali. Prima di allontanarsi mi ha fatto anche i complimenti, ma fare le foto era vietato.

- Chi era?
La direttrice di Vogue che li mise in copertina, mentre all’inaugurazione della fiera hanno detto che la novità in assoluto dell’ente fiera dell’anno 2005 era Graziella Bennati. Ancora mi vengono i brividi.

- Lei sembra più famosa all’estero che qui in Umbria…
Assolutamente sì. Ho ricevuto molti riconoscimenti internazionali per la diffusione della lavorazione artistica artigianale e culturale del territorio umbro. Ho depositato, oltre al marchio 165 PG, sette serie di modelli ornamentali: abiti, le mie iniziali GB, la mia firma per esteso, scarpe, borse, lingerie e arredamento. Ho realizzato accessori che possono essere realizzati con cotone, cachemire, oro, argento, bronzo, ottone e collezioni private a richiesta del cliente. L’attività prevalente è la lavorazione dei metalli preziosi con pietre. Artigiana artistica e tradizionale del pizzo d’Irlanda e bottega scuola. Le mie creazioni sono state pubblicate su riviste italiane, arabe, russe, spagnole, americane e cinesi.

- Oltre a Vicenza, dove ha esposto?
Per sei anni il mese di luglio esponevamo con Oro di Roma a Castel Sant’Angelo, poi ogni anno a ottobre andavamo in America, dove ho conosciuto Sergio Marchionne. Nel 2008 eravamo a Chicago, il giorno antecedente la serata di gala mi chiese se facevo indossare i miei abiti con i relativi gioielli a tre modelle da lui scelte. Fui meravigliata e orgogliosa della sua richiesta. Sono stata invitata a Maranello perché avevo fatto un paio di sandali con corallo rosso Ferrari e mi fecero fare un giro in pista. Fuori dall’Italia ho esposto anche all’Istituto italiano di cultura di San Francisco, a New York, Hollywood, Boston, Malibu, Beverly Hills, Atene, Salonicco, Cipro, Barcellona, Siviglia, Montecarlo, Dubai e in Cina.

- Come è arrivata in Cina?
Tramite il presidente di Oro di Roma che mi ha fatto conoscere un giovane cinese, laureato architetto a Firenze, e che parlava benissimo italiano. E’ venuto diverse volte nel mio laboratorio, rimaneva incantato dalle mie mani che riuscivano a realizzare cose mai viste. Mi ha proposto di far parte del progetto Italia Cina - La Via della Seta. Eravamo quattro aziende italiane. Siamo partite la prima volta a settembre 2016 per Ningbo, è stata un’esperienza bellissima. Abbiamo replicato nel 2017 e nel 2018. A ottobre 2016 è venuta al mio laboratorio una dottoressa incaricata dalle cariche cinesi di fare un video su come realizzavo le mie creazioni, ha filmato le varie fasi di lavorazione e prima di andare via ha fatto le fotocopie delle fatture dei miei fornitori. Dovevano essere informati che avrebbero fatto delle indagini per vedere se tutto era in regola. Dopo aver fatto i dovuti controlli mi hanno concesso la licenza 100% Made in Italy.

- Graziella, ma lei è ancora operativa?
Certo! Ho appena dato la risposta positiva alla fiera di Vicenza. Dopo 49 anni lavorativi ancora mi piace creare, avere contatti con persone nuove e girare il mondo, finché la salute me lo permetterà. Il mio sogno nel cassetto? Spero di aver suscitato la curiosità di qualche stilista italiano prima che tutto finisca in mano ai cinesi. Arte, raffinatezza e unicità sono i tratti che da sempre caratterizzano il mio operato.

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