Il caso
Un'immagine del film La poliziotta girato anche a Terni
A più di 50 anni dall’uscita del film La poliziotta, la giornalista e scrittrice Paola Biribanti ha scoperto che la città immaginaria di Ravedrate, dove è ambientata la storia, altro non era che Terni. Già nei primi fotogrammi dei titoli di testa della pellicola, diretta da Steno, si scorgono chiaramente degli scorci della Terni che fu: auto che sfrecciano senza Ztl o varchi, panni stesi alle finestre e poi le immancabili Acciaierie, piazza Tacito, Ponte Le Cave ed il fiume Nera. Paola Biribanti se ne è accorta mentre passava al setaccio decine di film per il suo ultimo libro, appena uscito e dal titolo Aguzzare la vista. I maestri del cartellonismo nei classici del cinema italiano.
Nel film del 1974 La poliziotta c’è Mariangela Melato che interpreta il ruolo di Giovanna, la protagonista. Lascia il borgo brianzolo di Ravedrate, patria del biscottificio Brembani, e si trasferisce a Milano dove dà una scolta alla sua vita arruolandosi nei vigili urbani. Per quella interpretazione vinse il David di Donatello. Oltre che a Terni le scene sono state girate anche a Bergamo ed in altri centri della Lombardia.
Nel cast figurano, oltre a Mariangela Melato, anche altri attori molto noti come Renato Pozzetto, Alberto Lionello, Mario Carotenuto, Orazio Orlando, Gianfranco Barra e un giovane Umberto Smaila poco più che 20enne. Tornando al suo nuovo libro, Paola Biribanti ha deciso anche stavolta di focalizzare la sua attenzione su un aspetto molto particolare e originale: i cartelloni pubblicitari presenti sul grande schermo. Tema che rimanda al discorso della pubblicità occulta e che ha richiesto un grande lavoro di preparazione.
“L’idea - racconta - è nata durante la pandemia quando c’era più tempo per stare a casa e vedere i film. E proprio dalla visione di alcune pellicole ho scovato alcuni cartelloni pubblicitari d’autore realizzati da artisti del calibro di Marcello Dudovich, Gino Boccasile, Leonetto Cappiello e Armando Testa. Per uno studio del genere il campo d’indagine avrebbe potuto essere vastissimo, potenzialmente tutta la cinematografia nel tempo e nello spazio, ma ho scelto di circoscrivere la ricerca all’Italia e di adottare, come confini temporali, l’introduzione del sonoro, vale a dire gli inizi degli anni Trenta, e il 1977, l’anno in cui è cessato Carosello, tradizionalmente considerato l’ultimo baluardo dell’era cartellonistica. Come manifesti ho inteso quelli pubblicitari, escludendo quelli bellici e di propaganda, tranne alcuni casi particolari. Pur se non specificato nei titoli di testa o di coda dei film, di certo i marchi presenti sui manifesti rappresentano delle pubblicità contrattate e neanche tanto occulte, stando alla spudoratezza di alcune inquadrature. Fenomeno dovuto al fatto che, fino al recente passato, non esistevano leggi in materia di product placement”. Il libro della scrittrice ternana, edito da Graphe.it, è completato da un saggio di Erik Balzaretti, docente di Storia dell’illustrazione e della pubblicità all’Accademia di Belle Arti Albertina di Torino, ed è stato presentato in anteprima sabato 22 marzo a Lucca Collezionando.
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