UMBRO DELL'ANNO 2025
Dall’alto dei suoi oltre 530 Gran Premi raccontati dal vivo, Paolo Ciccarone è uno dei giornalisti “storici” del Circus della Formula 1. Ha conosciuto, condividendo con loro anche tanti momenti extra gare, tanti piloti - da Senna a Schumacher agli attuali - e ovviamente altrettanti addetti ai lavori, ai vari livelli. Tra i quali, naturalmente, c’è Andrea Stella, al quale è legato da una profonda stima da tanti anni. Non è quindi una sorpresa per Ciccarone apprendere la notizia della scelta del top manager orvietano come Umbro dell’Anno 2025.

- Ciccarone, quando ha conosciuto Stella?
Quando arrivò in Ferrari, ormai più di 30 anni fa. Era responsabile veicolista e capitava spesso di viaggiare insieme in charter. Poi quegli anni Schumacher aveva il vizio di organizzare delle partitelle di calcio con i suoi tecnici nel retro box e ogni tanto si intrufolava anche qualcuno di noi giornalisti. Erano momenti in cui ci si confrontava parlando non solo di aspetti tecnici o delle corse ma anche di altro, delle nostre vite.
- Che tipo era Stella?
Sin dai suoi primi passi in Formula 1 l’ho sempre visto come una persona equilibrata, attenta al suo lavoro e con una grande passione per quello che faceva. Ma soprattutto traspariva subito il fatto che fosse una persona per bene, un ragazzo che aveva dei valori e dei sentimenti anche verso chi era stato meno fortunato di noi nella vita. Ricordo che faceva il volontario con l’Unitalsi di Orvieto, accompagnava i malati a Lourdes. In generale, sin dai primi tempi in cui ci eravamo conosciuti, emergeva questa sua caratteristica di un forte senso etico, di perseguire la giustizia, rapporti all’insegna della correttezza. Che ora ha mostrato anche in McLaren.
- A cosa pensa in particolare?
Quando sento parlare di “papaya rules” altro non sono che regole basate sull’etica, sull’educazione, sulla trasparenza, tutti concetti che Andrea Stella incarna perfettamente.
- Tornando agli inizi, in che periodo era la Ferrari in quell’epoca?
Andrea aveva semplicemente presentato il curriculum, dopo essersi laureato in Ingegneria ed aver sviluppato questa grande passione per il motorsport. Era una fase di piena evoluzione, quella che stava vivendo Maranello, e così diedero fiducia a giovani ingegneri che portavano una ventata di novità e di entusiasmo. Era ciò che aveva fatto la differenza nella Ferrari degli anni d’oro.
- Come mai poi le strade con la Ferrari si divisero?
Proprio perché Stella ha sempre messo alla base delle relazioni anche professionali i rapporti umani. Dopo aver lavorato con i vari Schumacher e Irvine aveva creato un ottimo rapporto anche con Fernando Alonso il quale, andando in McLaren, è riuscito a convincerlo a seguirlo. Diciamo quindi che c’è stato un fattore legato all’amicizia con lo spagnolo ma è stata anche una scommessa professionale, un rimettersi in gioco affrontando una nuova sfida in un team prestigioso ma comunque con dinamiche del tutto diverse rispetto a ciò che ormai conosceva perfettamente.
- Quanto ha contribuito Stella, a suo avviso, ai trionfi della McLaren?
E’ stato fondamentale, primo per il suo approccio tecnico, nel senso che non è il “politico” che lo metti a dirigere una squadra ma non ha le competenze specifiche e quindi si deve fidare di quello che gli raccontano, tanto per capirci un Fred Vasseur. Poi mettere al centro i rapporti umani fa sì che sia diventato lui il garante di tutte le situazioni della squadra. E infine c’è una caratteristica molto importante che lo distingue: è uno che non va mai sopra alle righe, è sempre equilibrato. Quando c’è qualcosa che va male lui raccoglie la squadra e chiede: “Che cos’è che abbiamo sbagliato?”. Mentre da altre parti la prima cosa che si sente dire è: “Chi è che ha sbagliato?”. In un team anglosassone come la McLaren questo tipo di approccio è stata una novità assoluta. Grazie ad Andrea Stella.
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