CALCIO SERIE C
In questo momento Giovanni Tedesco è sicuramente l’allenatore meno invidiato d’Italia, subito a ruota di Paolo Vanoli, che a Firenze sta vivendo una situazione identica, ma con una differenza fondamentale: la Viola ha fior di giocatori e probabilmente sta incappando in una di quelle stagioni in cui la chimica all’interno dello spogliatoio funziona rovescio. E’ esplosiva al contrario. Tedesco ha il problema opposto: non ha proprio i giocatori, deve gestire per altre due partite una rosa talmente piena di falle, che viene da chiedersi, nemmeno troppo metaforicamente, con quali criteri sia stata costruita. Falle proprio dal punto di vista strutturale: non c’è uno che sia capace di ragionare e dare ritmo in mezzo al campo. Bartolomei, ripescato dall’esilio, ha pur sempre 36 anni, e nelle sue stagioni migliori è stato un buona mezzala; gli altri si impegnano, corrono, sudano la maglia come direbbero i tifosi, ma non vedono nemmeno le giocate più facili. Fanno sempre un passo in più, un passaggio in più. Non si buttano in area, non hanno nel bagaglio intuizioni smarcanti (tranne Manzari, che però è un trequartista e porta troppo la palla), non tirano in porta, non inventano niente. In un centrocampo così piatto, l’unico che prometteva di poter dare ritmo, inserimenti a sorpresa e dunque qualche gol, era Giunti che però è un po’ sparito dai radar della formazione titolare, complice qualche malanno e la cervellotica decisione di consegnargli la fascia di capitano, caricandolo di responsabilità troppo grandi. Tutto questo nonostante Tedesco lo valuti come suo possibile erede e sappia esattamente come consigliarlo e indirizzarlo. In difesa mancano, due giocatori di spessore per dare il cambio non solo ad Angella (altro 36enne), che se la cava con grande esperienza, ma non è eterno.
Davanti, invece, c’è un nugolo di attaccanti che proprio non vedono la porta (“hanno tutti il tiro dello 0-0”, copyright Ramaccioni). Anzi, non si trovano, a volte si intralciano (Kanoute che fa da tappo a Manzari sul finire del primo tempo) di sicuro non fanno reparto. Poi c’è Montevago. Domenica ha fatto di tutto, persino il difensore, quando all’84’ è stato l’unico a farsi 60 metri di rincorsa per recuperare un contropiede della Ternana (3 contro 2) e salvare il 3-1 deviando in angolo. Ma i gol? Dovrebbe essere più lucido, guardare la porta, invece si trova sempre a ricevere girato di spalle. Ma se si butta negli spazi, poi chi lo serve?
Alla fine, perciò, è bene parlarsi chiaro: questa squadra, così com’è è destinata a finire dritta nei playout e per fortuna che la retrocessione diretta se l’è aggiudicata il Rimini. Tedesco queste cose le sa bene, ma la domanda da porsi, semmai, è in che modo fare mercato. Non con quali soldi, per carità, ma come piazzare almeno 6-7 giocatori (a dir poco) e prenderne altri migliori. Cioè: trovare dei club disposti a prenderli da una squadra penultima in classifica, sperare che i suddetti giocatori accettino e nel contempo prendere dei sostituti migliori, che dovrebbero imbarcarsi in una avvera rischiosissima.
Nella storia del calcio italiano è rimasta quasi mitologica la figura di Antonio Sibilia, presidente dell’Avellino negli anni '70, che quando le cose non andavano, a gennaio cambiava tutta la squadra. E ci azzeccava. Ma non c’era stata ancora la Legge Bosman.
Chi farà mercato, allora? Si parla molto di affidarsi ad una figura di grande esperienza, dimenticando che qui a Perugia c’era fino a due mesi fa, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Auguri.
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