Simone Faggioli, pilota fiorentino, molto conosciuto in Umbria, in carriera ha vinto tutto. O quasi, tant'è che nell'ambiente motoristico è conosciuto come il re delle cronoscalate. Ma a Gubbio, qualche mese fa, il suo prestigioso palmares, si è arricchito di un altro premio. Durante la serata del memorial Angelo e Pietro Barbetti organizzato dal CECA, Simone Faggioli ha ricevuto anche un prestigioso riconoscimento alla carriera.
IL PROFILO:
Simone Faggioli è nato il 24 luglio 1978 a Bagno a Ripoli, in provincia di Firenze. Proviene da una famiglia appassionata di motori: suo padre, Mario, è stato anch’egli pilota di cronoscalate. Ha iniziato a correre nelle gare di velocità montagna negli anni 2000. Il suo primo titolo nel Campionato Italiano lo ottiene nel 2002. Nel corso della carriera ha vinto 18 titoli italiani e 11 titoli europei nella specialità delle cronoscalate, diventando uno dei piloti più vincenti nella storia di questa disciplina, superando leggende come Mauro Nesti. Un momento chiave della sua carriera è arrivato con la vittoria alla Pikes Peak, diventando il primo italiano a conquistare la famosa cronoscalata americana. Per questo durante il Rally Legend 2025 ha ricevuto il premio Eberhard & Co.
- Cosa ha significato per Faggioli questo trofeo?
“Sono stato davvero onorato e anche molto emozionato. E' stato qualcosa di speciale, perché se guardo l'albo d'oro vedo nomi importantissimi. È un riconoscimento che va oltre i risultati sportivi: premia un percorso, una dedizione, un amore per questo sport che dura da tutta una vita e credo anche il mio attaccamento a Gubbio”
- La vittoria alla Pikes Peak ha consacrato Faggioli a livello mondiale, primo italiano a trionfare in Colorado
“La Pikes Peak era un sogno. Nel 2018 eravamo arrivati secondi, nel 2022 avevamo fatto il record dei SUV con la Lamborghini Urus - anche se non ottenuto in gara - e ci era rimasta la voglia di tornare. È una gara durissima, specialmente per un team privato come il nostro. La logistica è complicata, le risorse sono limitate, ma ci abbiamo creduto fino in fondo. E' una sfida enorme, una delle corse più iconiche al mondo. Vincere lì è qualcosa che va oltre la normale soddisfazione sportiva, un po' la prova che quando lavori con determinazione, passione e supporto giusto, puoi conquistare anche le montagne più alte…”

- E poi è arrivato il trionfo, contro una casa ufficiale come Ford…
Sì, avevamo contro la Ford in forma ufficiale, ma noi avevamo dalla nostra parte la forza del gruppo, della passione e della famiglia. Devo ringraziare tutta la squadra, e in particolare la mia famiglia. (Si interrompe per l'emozione, ndr). Sapevamo che potevamo fare bene e alla fine siamo riusciti a portare l'Italia sul tetto del mondo. E anche il mondo delle cronoscalate: abbiamo dimostrato a tutti cosa siamo capaci di fare.
- Come è stato prepararsi per Pikes Peak: quali sono state le difficoltà maggiori?
Ci sono state molte difficoltà, sia tecniche che logistiche. Preparare un'auto che possa reggere condizioni estreme: altitudine, cambiamenti climatici, curve, tempi lunghi, sforzo del motore… non è facile. Il team ha lavorato tanto sull'affidabilità, sul setup aerodinamico, sulle sospensioni. Anche avendo un motore potente e una vettura ben preparata (la NP01 Bardahl, motorizzata biturbo Emap, con le gomme Pirelli) serve che tutto funzioni perfettamente.
- Che differenze ci sono tra correre sulle nostre cronoscalate e su una montagna come Pikes Peak?
Le cronoscalate italiane o europee hanno ciascuna il loro charme: tracciati storici, territori spettacolari, connessione forte con il pubblico locale, condizioni che cambiano spesso (meteo, superfici, altitudine), ma non hanno l'altitudine estrema, le curve lunghe e il dislivello che trovi in Pikes Peak. Lì la sfida è anche “fisica”, per la macchina e per il pilota: la densità dell'aria cambia, la temperatura può essere molto variabile, le condizioni meteo possono essere imprevedibili. Però queste difficoltà sono anche ciò che rende la vittoria più bella.

- Diciotto titoli italiani, undici europei, e adesso la Pikes Peak. Qual è il segreto della tua longevità sportiva?
La passione. I titoli fanno piacere, ma ciò che conta è continuare a inseguire i propri obiettivi. È questo che fa la differenza. La determinazione, la professionalità, l'orgoglio… tutto nasce da lì.
- E' stata la gara più emozionante in carriera?
Pikes Peak 2025 rimarrà un ricordo indelebile. Ma in Italia, la Pedavena-Croce d'Aune del 2021, quando ho vinto il tricolore assoluto con due gare di anticipo, segnando record, è stata emozionante. Anche la Trento-Bondone, gare difficili dove condizioni e strada mettono davvero alla prova. Ogni vittoria lì ha un sapore speciale come del resto a Gubbio
- A proposito di Gubbio. Sei legatissimo al Trofeo Fagioli, che hai già vinto 14 volte. Che rapporto hai con la città?
Quando arrivo qui mi sembra sempre di conoscere tutti. Vedo solo volti sorridenti, la gente ti vuole bene. C'è un rapporto fortissimo con Gubbio, con la sua gente e con la gara, che è organizzata in modo splendido. E poi ho avuto grandi amicizie qui, come Mauro Rampini e Raimondo Saldi. È un evento che sento mio. Mi sento a casa, e quando un pilota si sente a suo agio, poi riesce a dare il massimo anche in gara.

- Dopo la consegna del memorial Barbetti Simone Faggioli ha firmato autografi con la foto di Pikes Peak per oltre un'ora...
E' stato incredibile, non mi era mai capitato. La mia famiglia che aspettava perché avevamo superato abbondantemente la mezzanotte, ma io ho voluto accontentare tutti. La gente era lì per me e io non potevo certo deluderla. E' stata una grande gioia e una soddisfazione immensa.
- Guardando al futuro: quali obiettivi hai?
Mantenere il livello, difendere titoli e tornare alla Pikes Peak per tagliare il traguardo a 4.300 metri visto che quest'anno non è stato possibile. Questo, per ora, rimane il mio primo grande sogno. Però l'essenza resta sempre la stessa: andare forte, essere preciso, avere la soddisfazione ogni volta che sali su una macchina e senti che puoi fare bene.