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Tra critiche al sistema, battute provocatorie e appelli al cambiamento, l'allenatore - nel corso dell'intervista con la giornalista del Corriere di Arezzo, Francesca Muzzi - ha offerto uno spaccato del calcio italiano visto con gli occhi di chi ha vissuto il campo per decenni. Il primo duro attacco di Cosmi va al sistema del calcio giovanile che definisce "un disastro". "Il genitore, finché paga, pretende – aggiunge -. Quando giocavo io, queste cose non le ho mai viste". A tal proposito, l’allenatore ha ricordato un episodio emblematico: "Ho visto un papà correre dietro a suo figlio durante una partita, urlandogli cosa dovesse fare. Il ragazzo, davanti alla porta, si è paralizzato e si è messo a piangere". Per Cosmi, il problema risiede nell’atteggiamento invasivo di alcuni genitori: "Con queste persone bisogna essere cattivi, perché sono elementi negativi che non aiutano i ragazzi a crescere nel calcio". Un richiamo alla necessità di lasciare i giovani liberi di sbagliare e imparare, senza pressioni esterne, ricordando con nostalgia un'epoca in cui i genitori, come il suo, si limitavano a sostenere senza interferire.
Alla domanda su cosa si può salvare del calcio di oggi, Cosmi risponde con l'ironia: "Le mogli dei calciatori, e non per il cervello". Ha poi aggiunto, con un aneddoto: "Eravamo in due, io e il mio vice allenatore Mario Palazzi, e quando sentivamo una donna parlare di calcio ci guardavamo e dicevamo: 'Ci parli tu o io?'". La battuta, che strizza l'occhio a stereotipi del passato e che continua a sollevare un clima a metà tra risate e critiche.
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Il dibattito si è poi allargato e il tecnico si è espresso con grande chiarezza sulla questione dei calciatori omosessuali, facendo riferimento al primo coming out di un calciatore in Italia, avvenuto due anni fa: "Era un passo necessario. Pensare che in un mondo di calciatori, dirigenti e allenatori non ci possano essere professionisti gay è una follia". Cosmi ha quindi denunciato l’ipocrisia del calcio: "Siamo nel 2025, in altri sport l'orientamento sessuale di un atleta non fa notizia, ma nel calcio è ancora un tabù. È assurdo nascondersi, sarebbe come mettere la testa sotto la sabbia". Un invito a una maggiore apertura e accettazione, in un ambiente che per certi aspetti, secondo l'allenatore, è ancora radicato in vecchie dinamiche.
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