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Addio al pugile che fece svegliare l’Italia: i lati nascosti di Nino Benvenuti

Dalla radio all’alba alle lettere di Ali, dai fumetti sull’esodo istriano all’amicizia con l’uomo che lo mandò KO: dentro una leggenda che aveva il cuore più forte dei pugni

Ambra Costanzi

20 Maggio 2025, 16:22

Addio al pugile che fece svegliare l’Italia: quello che non sai di Nino Benvenuti

Nino Benvenuti in una foto d'archivio degli anni Sessanta (LaPresse)

Nino Benvenuti è stato, per l’Italia, molto più di un campione di boxe. Era un’icona di stile, un simbolo di riscatto, una memoria vivente di eventi che raramente trovano spazio nei libri di storia. La sua morte, avvenuta oggi martedì 20 maggio a 87 anni, segna la fine di un’epoca, ma è anche l’occasione per riscoprire una vita piena di angoli poco illuminati. Ecco sei aneddoti e curiosità che raccontano l’altra faccia del pugile che fece battere il cuore di un’intera nazione.

L’Italia che si svegliò all’alba per lui

Era il 17 aprile 1967 quando Benvenuti salì sul ring del Madison Square Garden per sfidare Emile Griffith. In Italia erano le quattro del mattino e la RAI, temendo critiche, trasmise il match solo via radio. Risultato? Più di 16 milioni di italiani svegli, in silenzio, al buio, con l’orecchio incollato alla radiolina. Quella notte, un Paese intero si fermò per un pugile: un evento unico nella storia dello sport italiano.

Il pugile che impressionò Muhammad Ali

Non era facile sorprendere Muhammad Ali. Eppure, dopo aver visto combattere Benvenuti, Ali lo definì “un artista del ring”, colpito dalla sua eleganza tecnica e dalla capacità di “ballare anche mentre colpiva”. Tra due giganti, nacque un rispetto reciproco che andava oltre i guantoni.

Una medaglia d’oro con la firma di Jesse Owens

Alle Olimpiadi di Roma 1960, Nino vinse l’oro nei pesi welter. Ma ciò che pochi sanno è che la Coppa Val Barker, ricevuta come miglior pugile tecnico dei Giochi, gli fu consegnata in una custodia firmata da Jesse Owens, eroe afroamericano delle Olimpiadi del 1936. Due storie di rivalsa, due atleti uniti dalla forza del simbolo.

L’esule istriano che raccontava la storia nei fumetti

Nato a Isola d’Istria nel 1938, Benvenuti fu uno dei tanti italiani costretti all’esilio dopo la guerra. Ma a differenza di molti, decise di raccontarlo. Non in un libro, ma in un fumetto: “Il mio esodo dall’Istria”, una graphic novel per scuole e biblioteche. “Non volevo che i ragazzi dimenticassero quello che abbiamo vissuto”, disseIl nemico diventato fratello

Emile Griffith lo sconfisse nell’ultimo incontro della loro trilogia. Ma con il tempo, Nino e Griffith si legarono in modo profondo. Quando Griffith si ammalò e cadde in povertà, fu Benvenuti a organizzare eventi in suo sostegno. “Sul ring ci siamo tolti tanto, ma fuori ci siamo dati di più.” Parole che pesano come pugni.

Attore, presentatore, gentleman

Negli anni '70 e '80, Benvenuti divenne un volto pop: attore in film di genere, ospite fisso in TV, testimonial elegante. Con la voce pacata e i modi garbati, riusciva a incarnare l’ideale italiano di dignità, disciplina e charme. Anche per questo, il suo nome è rimasto nell’immaginario collettivo ben oltre il ring.

Oltre lo sport

Nino Benvenuti è stato l’uomo che ha portato la boxe italiana nel mondo e il mondo della boxe nelle case italiane. Ma è stato anche esule, artista, amico leale e uomo di cultura. Raccontarlo oggi non è solo un tributo sportivo: è un modo per dire che certi pugili non combattono solo sul ring. Combattono con la memoria, l’eleganza e il cuore.

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