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Il commento

Olimpiadi Parigi 2024, l'elogio del quarto posto. Le lezioni dei giovani e del maestro Velasco

Nicola Uras

12 Agosto 2024, 19:27

Julio Velasco

Julio Velasco

Cosa ci lasciano le Olimpiadi di Parigi, al di là delle 40 medaglie, 12 d’oro, spedizione tra le più ricche di sempre per gli azzurri? L’elogio del quarto posto (per molti dei giornalisti inviati in Francia, non abituati, l’elogio del fallimento). O meglio – per non esagerare e passare per fanatici – il paradigma che il podio non è l’unica vittoria. Nei Giochi dei 25 quarti posti per l’Italia, mai così tanti, oltre la metà dell’intero bottino di medaglie azzurre, il primo messaggio lo ha confezionato Benedetta Pilato, la nuotatrice di 19 anni (seconda Olimpiade, la prima a 16 più giovane anche di sua maestà Federica Pellegrini) che dopo anni complicatissimi a riprendere il filo di una carriera iniziata con lampi da fenomeno e proseguita con tante delusioni e rare gioie, stravolge la sua vita e a ridosso di Parigi si ritrova: nella sua gara, i 100 metri rana, è in testa sino a poche bracciate dall’oro, poi chiude quarta. Alla domanda della mitica Elisabetta Caporale – dal 1992 a raccogliere sensazioni e paturnie degli atleti – sulla delusione per la mancata medaglia (eh sì non proprio un colpo di genio), Pilato spiazza tutti e tutte con il suo “sono felice, è il giorno più bello della mia vita”. Un messaggio dirompente perché rovescia l’idea del bicchiere mezzo vuoto: il successo di arrivare prima rispetto a centinaia di atlete arrivate dopo (la maggior parte neanche qualificate per Parigi), piuttosto che la delusione di essere quarta (rispetto alle prime tre). Una bomba.

Julio Velasco, icona dei tecnici, autentico stregone della pallavolo, uno che in mezzo alle tempeste più o meno grandi della vita lo vorresti sempre a indicarti la via, 72 anni e bacheca ricchissima, ci mette il carico quasi due settimane dopo: “Basta guardare sempre quello che manca, è una filosofia di vita che non va”. In mezzo tantissimi altri atleti – in particolare i più giovani – si presentano in zona interviste con pensieri in linea con Pilato e Velasco, analisi spesso più brillanti rispetto a quelle di opinionisti imbolsiti (tanti ex atleti, ahi ahi Notti olimpiche di Volpi&co). Sono frutto di caratteri forti, zero alibi e idee chiare per niente stereotipate. Forse la più bella medaglia di queste Olimpiadi. Alla luce di alcune statistiche che spiegano come tre giovani su quattro avvertono l’esigenza di un supporto psicologico e vivono un disagio, anche perché la società li educa alla paura del fallimento, gli atleti azzurri ci dicono che forse qualcosa – probabilmente solo per merito della tanta bistratta generazione Z – sta cambiando.

Ps: quali le prestazioni più belle tra le medaglie di legno? In ordine sparso, quella di Pilato (of course), Nadia Battocletti sui 5 mila metri dopo la beffa del momentaneo podio per squalifica rientrata della keniota Kipyegon (ma si è rifatta con gli interessi nei 10 mila), Lorenzo Stano nella marcia 20 chilometri (corsi con una caviglia fuori posto). Intense emozioni perché gli atleti dei Giochi Olimpici hanno sottolineato con forza come il percorso fatto per superare i propri limiti, sfortune e avversari, vale quanto una medaglia. Intanto sabato è già tempo di Serie A e interviste stereotipate (con carico di alibi annesso) di allenatori e calciatori: tristezza, vai via.

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