Cronaca
Corte dei Conti
Una dipendente del Comune di Norcia è stata condannata dalla Corte dei Conti a versare 2 mila euro alla Presidenza del Consiglio dei ministri, precisamente al Dipartimento di Protezione civile, per aver percepito circa 113 ore di lavoro straordinario autorizzato per l’emergenza terremoto, che secondo Procura e giudici contabili non sarebbero state effettivamente lavorate. I fatti risalgono al triennio 2017-2019, quindi nel periodo immediatamente successivo alle scosse dell’ottobre 2016, e all’origine del caso ci sarebbe il malfunzionamento del software di rilevazione delle presenze del personale del Comune. La dipendente dell’ente, una volta venuto a galla il guaio ha provato a compensare prestando 222 ore di straordinario a titolo di compensazione, ma il tentativo non è bastato alla Sezione giurisdizionale dell’Umbria.
I giudici della Corte dei Conti, infatti, in sentenza hanno evidenziato come il contratto di riferimento non preveda il pagamento degli straordinari, che invece “potevano essere riconosciuti nell’ambito delle sole risorse vincolate per far fronte alle calamità”. Tuttavia, le 222 ore di straordinario eseguite e non liquidate nell’aprile 2019 a titolo di compensazione non sono risultate accompagnate da “espressa autorizzazione ai fini della qualificazione di straordinario per il sisma” e quindi per i giudici non possono essere considerate “oggetto di compensazione con ore non effettivamente rese ma retribuite”, come si legge in sentenza. Da qui la condanna della funzionaria che deve restituire circa 2 mila euro a Palazzo Chigi.
La Corte dei Conti, invece, ha giudicato “infondata” l’altra contestazione della Procura a carico della stessa dipendente, che all’epoca dei fatti era tecnicamente distaccata al Comune di Norcia, risultando dipendente di altro ente pubblico per il quale avrebbe dovuto continuare a lavorare sei ore alla settimana. Secondo la Procura quelle ore non sarebbero state svolte regolarmente, producendo un danno di quasi 1.600 euro, di cui è stato chiamato a rispondere anche l’allora presidente dell’azienda pubblica. Tuttavia, è stato accertato come, seppur non con regolarità settimanale, la funzionaria “nel triennio 2017-2019 a fronte delle complessive 844 ore di servizio che avrebbe dovuto svolgere ne abbia effettuate 1.421, permanendo in servizio, in numerose settimane, ben più delle sei ore” previste. Ergo: in questo caso “non c’è stato alcun danno patrimoniale per l’azienda di appartenenza”. Sollevato da ogni responsabilità anche l’allora presidente dell’ente pubblico.
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