Attualità
La Corsa dei vaporetti
Il conto alla rovescia può iniziare. Mancano infatti pochi giorni all'edizione numero 59 della Corsa dei Vaporetti. Una manifestazione dal forte spirito agonistico e goliardico che vanta oltre mezzo secolo di storia e che anima per tre giorni, venerdì 13, sabato 14 e domenica 15 giugno, le suggestive vie del centro storico di Spoleto per un totale di 1,3 chilometri dove sono previste cinque curve, di cui due a spinta. Lungo le quali si daranno battaglia 55 mezzi di cui 9 condotti da under 18. Corsa che non è solo competizione ma è radicata nella comunità locale quale valore culturale e momento di aggregazione sociale, un connubio tra cultura, religione, solidarietà e sano divertimento.
Anche se le giornate dedicate a questo singolare mezzo senza motore, saranno cinque. Oltre alla tre giorni dedicati prettamente alla gara, l'evento prevede una giornata di presentazione dei mezzi, giovedì prossimo, in piazza Garibaldi e un'altra (data da definire) che celebrerà tutti i vincitori.
Come, dove e perché sono nati i Vaporetti? Varie teorie si sono incrociate in questi ultimi decenni, frutto spesso della memoria di qualcuno, o dei contenuti di qualche documentazione sparsa qua e là per la città. A volte per poter ricostruire una verità, occorre mettere insieme ciò che si ha a disposizione, con quello che purtroppo si è perso. Da questo incompleto assemblaggio di memorie e ricordi, si ricrea la storia di una manifestazione diventata quasi leggenda. Per molti, l'origine del Vaporetto risale ad oltre sessanta anni fa, ed il nome fu scelto in ricordo dell'automobile a vapore, chiamato appunto vaporiera ("u Vapore"), che dal 1902 al 1909 fece servizio di linea sul percorso Spoleto-Norcia. Qualche anziano ricordava che, dopo la fine del primo conflitto mondiale, con l'apparire sulla scena dei primi mezzi motorizzati, i ragazzi spoletini si dilettavano a costruire i primi "Vaporetti" artigianali, con ruote costituite da cuscinetti a sfera. Per questi giovani pionieri, guidare il vaporetto nelle strade in discesa della città, voleva significare assaporare l'ebrezza ed il piacere di essere il pilota di un mezzo di trasporto anche se privo di motore. Bastava una lastra di latta, due tavolette di legno, uno spago ed un pugno di cuscinetti per costruire il proprio "bolide". Spesso questi stessi giovani col vaporetto a tracolla, si accodavano alla corriera che da Spoleto raggiungeva Monteluco, aggrappandosi ai ferri sporgenti posti nella parte posteriore del mezzo, raggiungendo così il famoso "sbalzo" della croce. Si riversavano quindi a capofitto lungo la stimolante e polverosa discesa del pendio montelucano, fino ad arrivare davanti alla chiesa di San Pietro.
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