L'INTERVISTA
Ad Alessandro Giuli, ministro della Cultura che sabato ha partecipato ad Assisi alle celebrazioni della festività di San Francesco insieme alla premier Giorgia Meloni, abbiamo posto alcune domande su progetti e priorità del dicastero che guida, sulla valorizzazione e la restituzione dei beni artistici, sulle sfide dell’editoria e dell’informazione, sul suo legame personale con l'Umbria, sul futuro del bronzi di San Casciano e della biga etrusca di Monteleone di Spoleto. Non manca, ovviamente, un riferimento alla figura di San Francesco, visto che il prossimo anno saranno celebrati gli 800 anni dalla morte, un evento culturale oltre che religioso.
Ministro, quali sono i progetti che attualmente sta portando avanti e quali le priorità?
Quella del ministero che rappresento, pur tra le grandi responsabilità, è una posizione fortunata. Abbiamo il patrimonio culturale più prestigioso al mondo, e una riserva creativa straordinaria, come popolo, come cultura diffusa, come identità nazionale.
Tutto ciò ci obbliga tenere nella massima considerazione la messa in sicurezza e tutela del nostro patrimonio.
Abbiamo progetti che vanno dai beni culturali e ambientali, perché anche l’ambiente è cultura, alla filiera dei libri, al cinema, allo spettacolo dal vivo. A cominciare dall’attuazione del Piano Olivetti, un piano straordinario di mappatura delle esigenze culturali dei territori per la rigenerazione di periferie e aree svantaggiate, per il quale abbiamo previsto una dotazione complessiva che è cresciuta fino a oltre 58 milioni di euro.
Per proseguire con la riforma del Tax Credit e l’ideazione e realizzazione di mostre di grande rilievo. Tutto fa parte di un’idea coerente, che è anche politica: essere consapevoli della nostra storia, a favore della nostra identità. Vale anche nei rapporti internazionali, nella diplomazia culturale che, in attuazione del Decreto Cultura e in coerenza col Piano Mattei, è in atto coi paesi del Mediterraneo. Questo è il vero potere della cultura italiana.
- Si è parlato tanto e, qualcuno lo fa tuttora anche con una certa animosità, di una nuova politica di governo volta a riscattare una “cultura di destra”, dopo anni di egemonia culturale prevalentemente di sinistra. Ma la cultura e le arti in generale non dovrebbero essere al di sopra degli schieramenti, delle lotte o, comunque, del confronto politico? Oppure, c’è davvero la necessità di una nuova narrazione?
La necessità di nuove narrazioni è costante. Perché le vecchie, le solite narrazioni, dopo un po’ diventano, semplicemente, luoghi comuni. E le arti sono il contrario del luogo comune, sono agoni di libertà di pensiero.
Dal punto di vista politico bisogna rilevare che c’è una classe dirigente di destra, giovane, competente, meritevole, anche in campo culturale, ed è doveroso farla esprimere. Poi, a parlare sarà il merito. Il resto sono strumentalizzazioni.
- San Casciano dei Bagni, nel Senese, ai confini con l’Umbria. Lei è stato lì in occasione di nuove scoperte che arricchiscono la collezione di bronzi votivi di grandi valori. Secondo lei è più importante tenere certi tesori esposti nel luogo al quale appartengono creando se necessario anche nuovi musei locali o favorire le grandi collezioni dei musei più grandi? E per quei tesori che non vengono valorizzati o giacciono nascosti nei magazzini di musei e soprintendenze si può fare qualcosa?
Non possiamo certo dimenticare i musei più rappresentativi, ma la nostra idea, al ministero è tutelare e valorizzare quello che non tutti conoscono, esaltando il genio del luogo.
La nostra idea è partire dalle periferie.
Non per caso abbiamo portato a Berlino i Bronzi di San Casciano, mentre stiamo lavorando al museo permanente nel comune di origine dei bronzi. In una battuta: “dalla periferia dell’impero, all’impero delle periferie.
- Lei è più per il diritto a chiedere la restituzione di opere del nostro Paese che, dopo essere state trafugate, si trovano all’estero? O più per il dovere di chiederle in prestito per riportarle almeno temporaneamente in Italia per mostrarle nei territori? Le pongo questa domanda perché anche l’Umbria ha subito, nei secoli, furti e predazioni, cito ad esempio la biga etrusca di Monteleone oggi al Metropolitan di New York.
Certamente chiediamo la restituzione delle opere d'arte esportate illegalmente: fanno parte del nostro patrimonio estetico, culturale, identitario e devono tornare alle comunità da cui originano.
Lo facciamo in tutti i modi possibili, con azioni legali in collaborazione con l’autorità giudiziaria e il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale quando ci sono i presupposti di legge. E con iniziative di diplomazia culturale, basate su collaborazioni e scambi di opere con le istituzioni museali che volontariamente accettano di restituire beni all’Italia. Sul tema dell'arte trafugata lavoriamo costantemente con musei di tutto il mondo: Stati Uniti, Germania, Francia, Regno Unito, Australia e altre nazioni. Con il Metropolitan di New York abbiamo un dialogo serrato e costruttivo su diverse questioni, tra cui la magnifica biga etrusca di Monteleone di Spoleto. Di recente abbiamo presentato al museo americano nuove evidenze che dimostrano la sua esportazione illegale dall’Italia all’inizio del ‘900. E’ una questione non facile da sciogliere, che richiede ancora molto lavoro. Resta fermo l’impegno del ministero della Cultura a promuovere una soluzione che consenta la valorizzazione in Italia di un’opera straordinaria che fa parte della storia e della cultura di Monteleone e dell’Italia.
- Lei è anche giornalista. L’editoria in generale e la carta stampata in particolare stanno soffrendo un momento molto difficile. Ogni volta che chiude un’edicola, per esempio, si perde un importante polo culturale. E recentemente anche la Von der Leyen ha sottolineato l’importanza della informazione locale che deve poter raggiungere i territori, anche i più piccoli e disagiati. Il suo ministero, anche se non ha la delega specifica all’editoria, a favore dei giornali cartacei ha già avviato il progetto Terzapagina. Ma pensa si possa fare qualcosa di più?
Si può e si deve fare sempre di più per l’editoria, e in particolare per quella locale, e bisogna fare sempre di più per diffondere la lettura fuori dai grandi centri.
Con il Decreto cultura abbiamo destinato, per il 2025, oltre ai 58 milioni di euro alle librerie e alle biblioteche di prossimità, 10 milioni di euro per le pagine culturali, la cosiddetta “Terza pagina” dei giornali cartacei: un dibattito culturale vivo, anche con le sue contraddizioni e le sue polemiche, è essenziale per la salute della democrazia.
- Che legame ha con l’Umbria? Lei è stato collaboratore del nostro giornale, ma in una recente intervista, a chi le chiedeva dei suoi tatuaggi, ha anche rivelato che ne ha uno che rappresenta lo “Scettro di Spoleto”, simbolo osco – umbro. Tutto qui o c’è di più? E la cultura può aiutare l’Umbria?
L’Umbria è l'omphalos, l'ombelico dell'Italia antica. Il luogo, insieme alla Sabina, da dove hanno avuto origine molti dei popoli italici, la terra che conserva le Tavole Eugubine con il più antico testo rituale dell'umanità. Gli Umbri sono sempre stati considerati gens antiquissima Italiae, e l’Umbria è una terra che ha il sacro nel proprio destino.
Per evitare la fuga dai borghi da parte dei giovani e per trasformarli da luoghi della memoria in attrattori di lavoro e di servizi, sono ben due le linee dedicate dal Pnrr: la prima, cosiddetta linea A, è dedicata alla rigenerazione radicale attraverso la realizzazione, su scala nazionale, di 21 progetti pilota (uno per ogni regione) per un totale complessivo di 420 milioni stanziati per ogni annualità. La seconda linea B, sempre prevista dal Pnrr, punta a sostenere la rete diffusa dei piccoli comuni, consentendo interventi fino a 1,6 milioni ciascuno.
Obiettivo è favorire la rigenerazione culturale e sociale, valorizzando le comunità locali e stimolando nuove forme di imprenditorialità. Rendendo così più attrattivi e vivibili queste risorse sociali che rappresentano un tassello fondamentale dell’identità culturale italiana.
- Il prossimo anno si celebreranno gli 800 anni dalla morte di San Francesco. E’ solo una ricorrenza religiosa?
E’ un’importantissima ricorrenza civile e culturale. Francesco d’Assisi nasce in una città già dinamica e prestigiosa al tempo dei Romani, le cui origini sono al crocevia tra civiltà umbra ed etrusca; cresce sotto l’influsso della cultura francese, dialoga con i popoli del Mediterraneo, dà un impulso straordinario anche alla letteratura italiana, dà origine a un ordine che sarà fondamentale nei secoli successivi.
La cultura francescana è un’enciclopedia ancora vivente, anche con le sue opere d’arte. Per me è un grande motivo di orgoglio la proiezione della Vela di San Matteo di Cimabue, distrutta dal terremoto del 1997. Ebbene, in occasione delle celebrazioni di sabato scorso, dopo 28 anni, grazie all’impegno e alle competenze del ministero della Cultura, siamo riusciti a mostrare quanto vi era raffigurato, considerato che non fu possibile ripristinare l’immagine con i 120.000 frammenti originali, viste le condizioni e le dimensioni in cui furono recuperati i frammenti stessi. L’arte del restauro, della quale in Italia abbiamo grandi specialisti e grandi teorici, ci rende orgogliosi di essere al servizio degli italiani.
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