POLITICA
Nello Musumeci, ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare
Nello Musumeci, ministro per la Protezione civile e per le Politiche del mare, è oggi martedì 11 marzo in Umbria per una visita istituzionale. Nel primo pomeriggio è atteso a Foligno, al Centro regionale di Protezione civile, poi, alle 17.00, è ad Assisi per presenziare la firma dell’accordo di programma tra Comune, governo e Soprintendenza archeologica e delle belle arti, che porterà ai lavori di messa in sicurezza e restauro delle mura urbiche della città di San Francesco. Al ministro, per l’occasione, abbiamo posto alcune domande.
- Ministro Musumeci, Lei oggi è in Umbria, una delle quattro regioni che fanno parte del cratere sismico del 2016.
I dati presentati recentemente dalla struttura commissariale che sta coordinando la ricostruzione dell’intera area colpita mettono in evidenza un’accelerazione degli interventi e delle opere. Finalmente è stata ingranata la marcia giusta? E dove è necessario e possibile fare di più?
Torno in Umbria, terra di straordinario fascino, per due eventi positivi: un incontro a Foligno con operatori e volontariato dí protezione civile. E l’altro ad Assisi, per l’avvio, finalmente, della procedura che porterà al consolidamento antisismico delle mura urbiche della città, con un nostro impegno finanziario significativo.
È un obiettivo fortemente voluto dal governo Meloni, nel quadro della prevenzione strutturale dei beni culturali. E, ovviamente, sarà la soprintendenza archeologica dell’Umbria a seguire, per la sua competenza, la esecuzione dei lavori.
Veniamo, quindi, alla sua domanda.
Come lei stesso nota, in Umbria la ricostruzione post calamità ha registrato un’accelerazione, anche grazie all’impegno della Struttura commissariale, alla cui guida abbiamo chiamato il senatore Guido Castelli.
A scanso di equivoci, voglio ribadire un’amara verità: in Italia le ricostruzioni costano troppo e durano tanto, dal nord al sud.
Finora è mancata una normativa unica e specifica e, soprattutto, è mancato il controllo da parte dello Stato.
Il rimedio possibile c’è: tra qualche settimana il parlamento varerà un Codice della ricostruzione, che abbiamo preparato, con l’obiettivo di assicurare tempi certi e procedure veloci.
- I danni causati dai terremoti nell’Italia centrale sono stati anche di carattere economico e sociale. E’ quindi necessaria una “ricostruzione” che vada ben al di là del semplice consolidamento edilizio, della ristrutturazione e della riedificazione di quanto è stato distrutto?
Quali progetti, quindi, per aiutare un’economia locale che, già gravata dai problemi pre sisma, ora si trova in alcune realtà ancora in ginocchio? E come arginare il fenomeno dello spopolamento? Le politiche di sviluppo socio-economico di un territorio, ancorché fragile e vulnerabile, dovrebbero prescindere dall’evento calamitoso. Se non le hai attuate prima, diventa più difficile farlo dopo un sisma o un’alluvione. E pensare che le risorse per le aree interne, in molte parti del Paese, aspettano ancora di essere spese. Nel Codice della ricostruzione, all’esame del parlamento, abbiamo comunque previsto la redazione di un Piano di sviluppo del territorio colpito, per scongiurarne l’abbandono e la depressione economica. Con risorse certe, perché legate a quelle impegnate dallo Stato nella ricostruzione. Un Piano che andrà messo in campo subito dopo ogni calamità, per restituire speranze e certezze alle comunità locali. Già adesso il commissario Castelli sta adoperandosi per la messa a terra di risorse legate a opportunità di investimenti nell’Appennino. Il governo è presente.
- Il commissario Guido Castelli sostiene che la ricostruzione – se effettuata in maniera oculata - può essere anche l’occasione per contribuire a ottenere passi in avanti nelle innovazioni tecnologiche, nella sicurezza e nella sostenibilità. Ci sono davvero delle opportunità in tal senso e quali?
Lo dice la storia di ogni catastrofe: dopo le rovine e i lutti c’è sempre una fase di rinascita e di rinascimento, economico, sociale, culturale. Oggi i processi ricostruttivi vedono impegnate professionalità e competenze tecniche e scientifiche di alto livello, accompagnati da opportunità finanziarie di crescita che vanno colte con diligenza, capaci di produrre importanti ricadute sui territori interessati. Del resto, una oculata ricostruzione deve tenere conto delle prospettive future, delle vocazioni dei luoghi, delle capacità attrattive, del capitale umano indigeno. E aggiungo: non basta ricostruire, faccio un esempio, una chiesa dov’era e com’era, se poi in quella chiesa non andrà mai nessuno a pregare. Il denaro pubblico si spende se e dove c’è una concreta possibilità di ripresa.
- L’Umbria, come buona parte d’Italia, ha un territorio fragile non solo perché rientra nelle aree a maggior rischio sismico, ma anche per il rischio idrogeologico. La sostenibilità e la cura insieme alla messa in sicurezza del territorio sono temi di attualità che in un’area come quella dell’Appennino centrale hanno il loro peso. La ricostruzione o, meglio, i piani di intervento del governo nell’area del cratere, affrontano anche questi temi? Come e con quale obiettivo?
Mi consenta di risponderle con una domanda: quanti e quali interventi di prevenzione strutturale sono stati realizzati negli ultimi cinquant’anni nei territori dell’Umbria?
Se si conosce da sempre la vulnerabilità degli Appennini, presumo che in tanti anni sia stato messo in sicurezza il territorio.
Non mi aspetto risposta. Diciamoci la verità: noi italiani non siamo fatti per la prevenzione. Ce ne ricordiamo solo quando tiriamo fuori i morti dalle macerie e dal fango, per poi dimenticarcene il giorno dopo. Si metta mano, invece, ad una seria programmazione, si fissino gli obiettivi e si proceda a redigere i progetti. Ogni anno il governo mette a disposizione delle regioni importanti risorse, ma non sempre vengono utilizzate, spesso per l’insensibilità e l’inerzia di certa burocrazia. L’ho sperimentato sulla mia pelle, quand’ero alla guida della mia regione (la Sicilia - n.d.d.)
- E’ ipotizzabile una data in cui si possa mettere la parola fine all’esecuzione di tutti i progetti in corsi per la ricostruzione e l’avvio concreto della ripresa di queste aree terremotate?
No, con queste norme. La ricostruzione pubblica e quella privata seguono tempi e metodi differenti. Il commissario Castelli sta seguendo da vicino e con dedizione tanto l’una quanto l’altra. Certo, si può e si deve fare di più, ed è questo l’impegno di tutti.
- Gli esperti ricordano che i terremoti non sono prevedibili; e, forse, non lo saranno mai. Ma possono esserci dei segnali premonitori e, comunque, sappiamo dove possono colpire con maggiore probabilità. Come sappiamo che l’assenza di eventi tellurici in aree altamente sismiche rende più alta questa probabilità. Certe situazioni, come quella dei Campi Flegrei, devono preoccuparci? E come possiamo difenderci?
Larga parte del territorio italiano è esposta al rischio terremoto. Ma - come lei bene osserva - il sisma arriva senza farsi annunciare. E allora? Se decidiamo di convivere col rischio terremoti (ed io ci convivo, ai piedi dell’Etna), dobbiamo essere vigili e fare prevenzione, strutturale e non, per ridurre gli effetti dell’evento. Serve il coinvolgimento delle istituzioni e dei cittadini, a cominciare dalle scuole primarie. Lo stiamo facendo ai Campi Flegrei, vicino Napoli, dove mezzo milione di abitanti vive in un territorio esposto a ben tre rischi naturali: vulcanico, sismico e bradisismico. Abbiamo messo in campo in quell’area una serie di iniziative di prevenzione mai pensate nel passato.
- Tornando alle difese, con la Legge di Bilancio 2024 si è già sancita l’obbligatorietà, per le imprese, di assicurazioni contro gli eventi derivanti da calamità naturali come frane, alluvioni, terremoti ed altri eventi estremi. Il decreto attuativo è stato pubblicato appena il 25 febbraio scorso e il termine resta fissato al 31 marzo 2025. I tempi sono però stretti, ci sarà una proroga? E per i privati ci sarà un provvedimento analogo?
L’Italia sta facendo, con ritardo, quello che già fanno altri Paesi stranieri. La polizza assicurativa contro le catastrofi è una pratica concepita in partenariato pubblico-privato tra lo Stato e le compagnie, per scongiurare possibili speculazioni. È una misura di prevenzione (economica e non strutturale) tanto utile agli imprenditori stessi. Del resto, le calamità legate a eventi meteorologici saranno sempre più frequenti. Lo Stato, s’intende, continuerà ad esserci e a fare la propria parte, ma non ha più le risorse sufficienti per fare fronte in tutto e per tutti. Cominciamo con le imprese, spero senza ulteriori rinvii, e si potrebbe passare presto alle famiglie, ma con una adesione volontaria. Anche questa è prevenzione.
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