Perugia
Tre anni di reclusione, 800 euro di multa e una provvisionale immediatamente esecutiva di 25 mila euro. E’ questa la condanna emessa ieri nei confronti dell’ex consigliere comunale di Perugia di Fratelli d’Italia, Michelangelo Felicioni, imputato per truffa e tentata estorsione.
La sentenza, emessa ieri in tarda mattinata, ricalca fedelmente le richieste dell’accusa: il pm titolare dell’inchiesta, Gemma Miliani, aveva infatti chiesto una condanna a tre anni.
Felicioni era stato rinviato a giudizio perché, secondo la procura che aveva aperto un’inchiesta dopo la denuncia di una donna, l’aveva sostanzialmente raggirata facendosi consegnare, paventando difficoltà economiche, 25 mila euro circa.
Già consigliere di Forza Italia, poi del Carroccio (che decise di espellerlo) e infine di Fratelli d’Italia, Felicioni si è sempre detto innocente, e i suoi avvocati, Saschia Soli ed Hermes Farinazzo, hanno già annunciato il ricorso in appello. “I fatti - sostengono i legali - non sussistono. Per questo motivo faremo appello deducendo tutto quello che il Tribunale non ha evidentemente considerato”.
Di tenore ovviamente opposto il commento degli avvocati di parte civile, Elisabetta Curioso Mammoli e Marco Piazzai, che rappresentavano il figlio della donna che aveva sporto denuncia. La presunta vittima infatti era morta nelle more del processo. I legali dichiarano: “Siamo molto soddisfatti dell’esito del processo anche per la provvisionale stabilita che permetterà così di ripristinare quell’eredità che la nostra assistita avrebbe voluto per il figlio e che invece le era stata sottratta. Ci aspettiamo ovviamente il ricorso in appello, ma è già un primo importante passo per stabilire la verità”.
Verità che, secondo l’accusa sta nel fatto che l’ex consigliere aveva “fatto credere” alla vittima di “essere gravato da pesanti difficoltà economiche alla luce dell'entità esigua dello stipendio percepito rispetto alle spese mensili” e di aver ricevuto “minacce da rumeni che reclamavano la restituzione di ingenti somme di denaro a causa di un affare andato a monte”. Per l’accusa l’aveva indotta a farsi consegnare 25 mila euro “in plurime dazioni di denaro, mai restituite”, “facendole svincolare titoli dai propri fondi di investimento, consegnare denaro a mano e in un caso con una ricarica postepay” intestata al consigliere. A un certo punto però la donna aveva iniziato a chiedergli indietro i soldi e fu in quel momento che, semrpe secondo l’accusa, Felicioni avrebbe messo in piedi una tentata estorsione. Per il pm infatti era stato lui a lasciare nella cassetta della posta una lettera manoscritta contenente minacce riguardanti la possibile rivelazione di presunte relazioni extraconiugali al marito se non avesse pagato
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