POLITICA
Il consiglio comunale di lunedì 25 novembre
In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il Comune di Perugia ha organizzato un consiglio comunale aperto nella mattina di lunedì 25 novembre per affrontare il tema e accogliere numerose testimonianze.
Ad aprire i lavori, la presidente del Consiglio, Elena Ranfa. Presenti anche la sindaca Vittoria Ferdinandi, i consiglieri e gli assessori comunali, nonché dirigenti e funzionari degli uffici competenti per materia.
“Vedere un’assise così colma di persone – ha affermato la presidente Ranfa - conferma quanto il tema oggetto del nostro confronto tocchi tutti nel profondo. Questa seduta è stata anzitutto convocata con l’intento di metterci in ascolto”. Ranfa ha infatti ricordato che nelle linee di mandato si sottolinea la centralità del Consiglio come “luogo dell’ascolto e casa di tutte e di tutti” e, quando l’Ufficio di presidenza ha riflettuto su come affrontare tematiche importanti in seno alla massima assise cittadina, è subito emersa l’opportunità di celebrare il 25 novembre con un Consiglio aperto, visto che quest’anno la ricorrenza cadeva nel giorno deputato alle sedute consiliari. “Certo, non si contrasta una simile piaga solo il 25 novembre, ma momenti come questi sono importanti per riaccendere la luce su un fenomeno così drammatico. Quindi abbiamo scelto di fare il punto sulle esperienze fatte nella nostra città per poter poi gettare le basi di ulteriori percorsi virtuosi”.
La presidente del Consiglio ha ringraziato la sindaca e l’assessora alle pari opportunità, Costanza Spera, per aver subito accolto con favore l’iniziativa, così come i vicepresidenti del Consiglio, Simone Cenci e Edoardo Gentili, la conferenza dei capigruppo, le consigliere e i consiglieri tutti e, soprattutto, le tante realtà che hanno risposto all’invito a partecipare.
A prendere la parola è stata poi la sindaca Ferdinandi. "E’ un’emozione indescrivibile il mio primo 25 novembre da sindaca della città”, ha esordito Ferdinandi ricordando che tra le deleghe con cui nei giorni scorsi ha fatto ingresso nell’Ufficio di presidenza nazionale di Anci c’è anche quella, molto sentita, alle pari opportunità.
"Abbiamo scelto di valorizzare e restituire la parola alle realtà che quotidianamente si occupano di far riemergere dal sommerso un tema doloroso come quello della violenza sulle donne – ha proseguito la sindaca -. Pertanto, anzitutto grazie a tutte le operatrici dei centri antiviolenza, alle associazioni che si occupano dei diritti delle donne, alle istituzioni, agli insegnanti, alle studentesse e agli studenti che in questi giorni hanno invaso la città con dipinti e testi che dicono che la nostra comunità non si arrende al silenzio". Ricorrendo a una citazione, Ferdinandi ha affermato che "ancora oggi l’atto più sovversivo di una donna è quello di parlare e, come sindaca, intendo ribadire che la libertà, la dignità e l’integrità delle donne sono valori non negoziabili per la nostra amministrazione, i valori che devono fondare i nostri rapporti interpersonali e costituire la stella polare dei rappresentanti delle istituzioni. Finché solo una donna sarà perseguitata in quanto donna il nostro lavoro non potrà avere fine. La violenza di genere è un tema di diritti umani fondamentali negati e non un fatto privato. Per questo deve portarci a costruire sguardi e narrazioni differenti".
Citando dati dell’Oms, la sindaca Ferdinandi ha ricordato che "una donna su tre nel mondo ha subito una forma di violenza". "La violenza di genere - ha continuato -, un continuum che va dalla violenza verbale a quella psicologica, economica e fisica, parte dai pregiudizi sessisti, dalla sopraffazione, dal controllo, dall’isolamento, da secoli di oppressione ed esclusione delle donne ed è profondamente radicata nei nostri modelli culturali". Di fronte al fatto che, secondo l’Istat, in Italia ogni due giorni e mezzo viene uccisa una donna, "non può esserci nessun silenzio” perché ciò si tradurrebbe in una forma di “vittimizzazione secondaria".
“Sentirvi parlare - ha detto la sindaca rivolta ai partecipanti - è quindi importante per restituire la parola a tutte quelle donne che non l’hanno avuta, che sono state in silenzio per paura, per vergogna o anche solo per la speranza che le cose tornassero a posto senza fare niente. Invece, nella violenza nulla torna a posto senza la parola. Il silenzio non può mai essere rifugio, perché divide laddove la parola unisce, isola laddove la parola aggrega e lascia morire una seconda volta le persone”.
Secondo la sindaca, "è importante essere qui per ribadire che dobbiamo cambiare sguardo e riconoscere che dietro la violenza di genere c’è sempre il sessismo, la cultura della virilità, il patriarcato e la cultura della sopraffazione. E il patriarcato non è un modello culturale del passato e non si può cancellare con una riforma del diritto di famiglia. Il patriarcato è qualcosa su cui tenere sempre lo sguardo vigile, perché quando arriva la violenza fisica si è già consumata la violenza civile. Quella fatta dal misconoscimento delle donne, dalla negazione di pari diritti, pari opportunità e pari spazi per le donne rispetto agli uomini". Citando il presidente della Repubblica Mattarella, Ferdinandi ha sostenuto che la violenza di genere è il segno del fallimento di una società nel promuovere reali rapporti paritari tra donne e uomini sicché "la radice della violenza di genere è la cultura della disparità".
La sindaca ha quindi di nuovo ringraziato i partecipanti al Consiglio aperto “perché ci ricordano che la violenza di genere non è un problema marginale e per essersi opposti a quel grande processo di rimozione per cui si arriva a credere che il maschio che fa violenza sia lontano dalle nostre case e dai nostri posti di lavoro. Siamo portati a pensare che questo fenomeno appartenga alla dimensione della devianza e della psicopatologia o abbia a che fare con i migranti. Invece non abbiamo bisogno di rincorrere nemici immaginari. Il 94,3% delle donne italiane è vittima di italiani. Se continuiamo a credere che il femminicidio e la violenza siano eventi di cronaca rispetto a cui non possiamo fare niente, continuiamo a perpetrare una narrazione deresponsabilizzante. Al contrario dobbiamo riconoscere che per estirpare la violenza di genere dobbiamo estirparla nella nostra cultura, nei nostri gesti quotidiani”.
“Per questo – ha continuato Ferdinandi - il nostro primo impegno contro la violenza di genere sarà promuovere l’educazione alla parità di genere. Siamo convinti che nelle scuole debbano entrare l’educazione affettiva e sessuale. Siamo altrettanto sicuri di dover fare un enorme lavoro per ridurre il gender gap nei salari, visto che nel nostro Paese le donne hanno un salario più basso del 30% rispetto ai colleghi uomini. Per questo lavoreremo per costruire un bilancio di genere che offra una fotografia reale da cui ripartire. Ricordiamoci anche che nella nostra regione 33mila donne tra 15 e 70 anni sono state vittime di abusi e violenza sul lavoro: è quindi necessario anche entrare nelle imprese e fare formazione sul rispetto e la parità di genere”.
Oltre i gesti simbolici, pur importanti, stimolati dalla ricorrenza del 25 novembre, infine, “servono gesti concreti, come quello che, grazie all’impegno dell’assessora Spera, ci ha portato in questi primi sei mesi di mandato a rafforzare il contributo economico per i centri anti violenza, realtà che devono poter lavorare al riparo dalle incertezze relative ai fondi”. Ferdinandi ha concluso assicurando un impegno concreto e costante: “Lo dobbiamo alle generazioni future, alle donne che non hanno più voce, alle figlie che abbiamo e a quelle che nasceranno affinché possano vivere senza avere paura”.
Nel corso del dibattito sono stati numerosi gli interventi (ben 20) degli ospiti. Hanno parlato: per l’Università per Stranieri il rettore Valerio De Cesaris, per l’Università degli Studi il prof. Daniele Parbuono (delegato alle umane risorse), la prof.ssa Maria Giovanna Ranalli (vice presidente Cug) ed il prof. Emidio Albertini (componente sportello antiviolenza), per l’ufficio pari opportunità della regione la presidente avv. Caterina Grechi, per Omphalos la segretaria Marta Paris, per Liberamente donna Giulia Canalicchio, per l’Unione Donne Italiane l’avv. Sara Pasquino, per Libertas Margot il presidente Massimo Pici, per la Rete delle donne Antiviolenza di Perugia Amelia Rossi, per l’accademia Focus Elvira Carrese, per la camera minorile di Perugia ed il cpo (comitato pari opportunità) dell’ordine avvocati l’avv. Giuliana Astarita, per il Cidi (Centro iniziativa democratica insegnanti di Perugia) la presidente Anna Locchi, per l’assemblea Transfemminista Perugia Elisabetta Pistidda, Maristella Pitzalis e Cristina Pavarotti, per la chiesa Valdese di Perugia la presidente Antonella Violi, per le pari opportunità della provincia di Perugia la consigliera Elena Bistocchi, per UDU e Reti studenti Medi Nicoletta Schembari, per Link Perugia e Unione Studenti Perugia Camilla Sportellini, per l’associazione Una regione per restare Margherita Boniotti, per il circolo Arci Il Porco Rosso Graziella Marini.
Durante gli interventi, partendo dai dati drammatici che attestano l’attualità della violenza di genere, si è sottolineato da più parti il permanere della cultura del patriarcato e del maschilismo anche all’interno delle Istituzioni e dei luoghi del sapere. Tra gli aspetti centrali delle relazioni, si è posto l’accento sull’importanza del fare rete, mettendo in collegamento tra loro istituzioni di ogni livello e grado ed associazioni, perché solo il fare squadra consente di raggiungere risultati concreti ed adatti alle esigenze.
Il punto di partenza - hanno rimarcato in tanti - è la cultura: solo lavorando sull’impostazione culturale di base, infatti, è possibile raggiungere il cambiamento del paradigma. Rammarica il fatto che nel 2024 tutto questo sia lontano dall’essere raggiunto, certificando il fallimento delle politiche attuate finora. Non solo lavorare sulla cultura, ma anche sul rafforzamento dei servizi, per dare alle donne, ma anche ai minori, delle risposte reali ed adeguate, facendoli sentire protetti ed accolti. In questa analisi complessiva si è parlato tantissimo di formazione, strumento fondamentale per porre in essere politiche di prevenzione: una formazione (educazione affettiva e sessuale) che deve partire dalle scuole, ma che deve riguardare non soltanto i giovani, bensì anche gli adulti, soprattutto coloro che si rapportano con gli studenti, ossia le e gli insegnanti.
Ed ancora compito delle istituzioni è di sostenere tutti quegli organismi (associazioni) che lavorano per accogliere le donne vittime di violenza; sotto questo punto di vista si è segnalata l’importanza di finanziare tali centri/luoghi (Cav e case rifugio), ma di farlo in maniera tempestiva, cercando di ridurre la burocrazia. Molte sono state le attività ed esperienze portate a conoscenza dell’Assise: dallo sportello antiviolenza delle due Università ai percorsi psicoeducativi rivolti agli uomini violenti, dagli eventi volti al potenziamento della cultura e quindi della formazione all’attenzione per i minori e la violenza assistita.
Molteplici le proposte concrete avanzate. Tra le tante: maggiore attenzione nelle modalità di assegnazione dei finanziamenti ai cav, riconoscimento della dignità del ruolo delle operatrici, incremento fondi pubblici per cav e introduzione case rifugio per persone LGBTQ+ e donne Queer, miglioramenti delle prese in carico delle madri vittime di violenza con figli a carico (progetti di vita stabili), introduzione di sistemi di accoglienza mirati per le donne minorenni, sperimentazione modi inclusivi di abitare, educazione alla pace, creazione spazi per lo sport popolare, potenziamento consultori, introduzione dello psicologo di base ecc.
Per tutta la durata del dibattito esposta in aula un’opera della classe 3 A (anno scolastico 2023-2024) del liceo artistico Bernardino di Betto, simbolo per la giornata in memoria delle donne vittime di femminicidio.
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