IL CASO
Una diffida da parte dei legali per incompatibilità ambientale, storica e paesaggistica con, accanto, una serie di ulteriori intimazioni da parte di privati, cittadini, attività turistiche e anche di narnesi e sangeminesi che non abitano nella zona di Ponte Caldaro ma che temono per l’ambiente in cui vivono. Insomma, questo biodigestore, impianto da 170 mila tonnellate a 4 campane (per chi non è un tecnico il quadruplo di alcuni esistenti sul territorio comunale) tra Narni e San Gemini - in provincia di Terni - non lo vuole proprio nessuno, con i cittadini impegnati in una lotta legale sempre più dura, in attesa che anche le istituzioni prendano posizione.
“Avevamo captato qualcosa ma ci dissero che erano chiacchiere da bar - esordisce Gabriele Perotti, portavoce del Comitato No Biogas, a fare le veci del presidente Stefano Ciuffetti - poi, casualmente lo scorso 14 novembre abbiamo scoperto il progetto e ci aspettavamo una comunicazione dalle istituzioni che gestiscono il territorio. Anche perché il progetto è stato depositato in conferenza dei servizi i primi di settembre”. In fretta e furia il comitato ha dovuto studiare le carte che erano già presenti sul web: “L’iter prevede 90 giorni per lo studio del progetto, le osservazioni e quindi l’approvazione per cui i primi di dicembre sarebbero scaduti i termini poi allungati per alcune osservazioni già arrivate dal Comune di Narni e che hanno fatto slittare di ulteriori 30 giorni. Alla fine siamo riusciti a depositare una diffida di 10 pagine firmata dal presidente Ciuffetti e studiata dall’avvocato Valeria Passeri, che si oppone alla costruzione di questo impianto in un territorio compreso tra Narni, San Gemini, Quadrelletto, Sant’Eufizio e Valleantica, posti di grande pregio ambientale con bed and breakfast, agriturismo, piccoli borghi e anche molte falde acquifere sotterranee che rischiano di essere contaminate. Come detto sono tanti i cittadini che ci stanno contattando per prendere posizione vista la situazione drammatica dal punto di vista dell’inquinamento del nostro territorio e anche per paura che qualsiasi disastro possa investire il territorio circostante e non solo le località sul quale questo impianto di biogas dovrebbe sorgere”.
L’impianto che vorrebbe costruire la Metanar Srl, come si legge nel rapporto preistruttorio pubblico e contenuti nei dati caricati online a disposizione della conferenza dei servizi e delle istituzioni che ne fanno parte, tratterebbe “fonti rinnovabili agro-industriali (sottoprodotti)”. In pratica sarebbero 100 mila tonnellate l’anno di liquame e letame suino, bovino, di pecora, cavallo, anche scarti di mais e pare non si escluda l’uso di rifiuti organici. A fine novembre è stato anche organizzato un convegno con le associazioni e i risultati della giornata di lavori hanno portato ad alcune conclusioni: “Il nostro territorio non può sopportare neanche una sigaretta in più accesa da un normale cittadino, figuriamoci un impianto di questo tipo - prosegue Perotti - e tutte le associazioni hanno capito un concetto banale che, l’unione fa la forza e stiamo lavorando sulla creazione di una realtà unica, visto che, di tanto in tanto, questi territori vedono arrivare avventori, imprenditori e società che vogliono costruire questi impianti. E sempre nella provincia di Terni”.
Sul tema del biodigestore sono intervenuti anche Francesca Arca, co-portavoce Europa Verde-Verdi provincia di Terni e Francesca Cancellieri, referente Comitato Europa Verde - San Gemini. “Oltre i danni alla salute, ci sarebbero impatti enormi sul turismo nella zona meridionale umbra. Ancora una volta confermata la politica liberista della destra, i profitti agli imprenditori, i costi, ai cittadini, sia in termini economici che di salute”.
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