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Era forte l'attesa, per l'audizione in Parlamento di John Elkan, presidente di Stellantis, ma le aspettative di chissà quali “Rivelazioni”, sul futuro dell’auto in Italia, sono andate deluse.
Il rampollo di casa Agnelli ha voluto, comunque, sottolineare di essere: “Orgoglioso della lunga storia Fiat in Italia. Una storia che sarebbe finita, se non fosse arrivata Stellantis”. Elkann paragona la parabola dell’azienda di famiglia a quella di altre grandi realtà industriali nazionali, che però sono scomparse. “Oggi Stellantis è il quarto produttore mondiale – ha proseguito Elkann - ha 14 marchi e fattura 157 miliardi, mentre 20 anni fa lottavamo per la sopravvivenza”.
Per quanto riguarda le voci, su una possibile riconversione di molte case automobilistiche europee all’industria bellica, per favorire il riarmo, Johan Elkann si smarca negando decisamente, anche se non dice nulla sulla ingloriosa fine, che sta facendo un marchio pluriblasonato, come Maserati o sul futuro dello stabilimento di Termoli. Nessuna notizia su investimenti per gigafactory.
Si è parlato solo di “Generiche” intenzioni di non abbandonare nulla e nessuno e di mantenere vivo l’interesse per la nostrana Motor Valley. Ecco che scoppia la bagarre, incentrata sul solito tema: l’utilizzo di fondi pubblici nazionali, che non ha impedito la delocalizzazione di stabilimenti, in altri paesi. Risposte considerate insufficienti, dunque, ma una cosa dobbiamo concederla, a John Elkann: è riuscito a compattare la politica italiana. Forse per la prima volta nella storia, partiti di maggioranza ed opposizione rispondono tutti in maniera, diciamo, tiepida, all’esposizione di Elkann. Le critiche volano, letteralmente, da destra e sinistra, tutti si aspettavano qualche cosa in più. Tra tanta incertezza, una data certa: “Il nuovo Ceo di Stellantis arriverà entro la metà del 2025”.
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