Raid dei caccia
Sempre più complessa la situazione in Medio Oriente. Israele ha effettuato un pesante raid aereo sul territorio dello Yemen, colpendo grazie ai suoi caccia quelli che ha definito "obiettivi militari" nel porto di Hodeidah. L'attacco è una rappresaglia per i “centinaia di attacchi effettuati contro lo Stato di Israele negli ultimi mesi”, l'ultimo quello di un drone Houthi che ha causato la morte di una persona e il ferimento di altre a Tel Aviv.
La risposta militare è avvenuta dopo una riunione segreta effettuata nella giornata di sabato 20 luglio da cui è scaturito il via libera. E' il primo raid nello Yemen rivendicato da Israele. L'esercito ha spiegato che il raid è stato necessario per “impedire agli Houthi - i miliziani del movimento Ansar Allah - di importare armi iraniane”, ma anche per causare “danni finanziari” al gruppo sostenuto dall’Iran. Tel Aviv ha spiegato che si tratta anche di un messaggio chiaro a quello che definisce l'asse del male: "Ai nostri nemici spieghiamo che non c’è posto dove non possa arrivare la lunga mano dello Stato di Israele”, ha dichiarato il primo ministro Benjamin Netanyahu.
Ovviamente il governo israeliano prima del raid ha fatto tutte le valutazioni del caso, nella consapevolezza che potrebbe provocare una nuova escalation del conflitto, ma è convinto che occorreva dare una risposta dura per non perdere il fattore della deterrenza. L'attacco del drone su Tel Aviv, secondo Israele “ha superato tutte le linee rosse. I giorni della moderazione sono finiti”. Durissima la reazione degli Houthi. I miliziani hanno fatto sapere che l’attacco ha provocato morti e feriti e hanno minacciato vendetta. Hanno spiegato che Israele ha preso di mira una struttura civile e quindi un'escalation "sarà affrontata con un'escalation". Quindi una risposta su obiettivi civili. Gli Houthi hanno ribadito che gli attacchi continueranno fino a quando non sarà fermato il genocidio di Gaza.
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