POLITICA
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea
Detto che se le parole pronunciate nelle ultime ore da Donald Trump fossero dei consigli d’amico lo sarebbero comunque solo a suo vantaggio, esse non vanno prese come un semplice sfogo né come un’esagerazione propagandistica destinata a dissolversi nel vento.
Costituiscono, in verità, un avvertimento: brutale, forse cinico, ma concreto. Quell’“Europa rischia di vedere cancellata la sua civiltà” entro vent’anni se non cambia profondamente da europei la possiamo considerare indubbiamente un’iperbole, ma contiene qualcosa di vero, come ha riconosciuto (purtroppo, al momento, quasi soltanto lei) Kaja Kallas, Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue.
Molti vedono in queste dichiarazioni un attacco: la narrazione spietata di una America First che trasforma vecchi alleati in fardello e non in progetto comune. Eppure, se ci si scosta dallo sdegno immediato e si guarda con occhio lucido, quelle parole possono - paradossalmente - rappresentare uno sprone.
Per decenni l’Europa si è adagiata sui propri principi - diritti, welfare, cooperazione, apertura - come fossero una garanzia eterna. Ma oggi il mondo è cambiato e continua a cambiare, la geopolitica si fa spietata e le minacce non arrivano solo da draghi imperialisti, ma anche da dentro: crisi demografiche, stagnazione economica, dipendenza energetica, frammentazione politica. In questo contesto, l’inerzia non è più un’opzione.
Trump ricorda che chi non difende i propri interessi - territoriali e collettivi - rischia di esserne privato. E su questo, per quanto il tono possa essere respinto, ha ragione.
È il momento di discutere sul serio di sovranità: economica, tecnologica, di difesa. Di ridisegnare l’Europa non come museo di valori immutabili, ma come organismo capace di adattarsi, decidere, agire. Non come appendice di qualcun altro - americano, russo o chiunque altro -, ma come soggetto politico con volontà e strategia propria.
Sì, può sembrare una contraddizione rispetto alle idee originarie dell’Unione Europea. Ma a volte la sopravvivenza richiede un patto con la realtà.
Se l’Europa vuole continuare a esistere non come residuo nostalgico di un passato patinato, ma come comunità in grado di proteggere i suoi cittadini, i suoi valori, il suo futuro, serve un cambio di passo: meditato, ma in alcuni punti anche radicale, senza più timore delle etichette. Che tutto ciò valga - e vada avviato subito - è l’eredità scomoda che ci lascia un Trump ostile.
Forse è proprio grazie a questo attacco che l’Europa può scoprire quanto debole e, allo stesso tempo, quanto potente, possa ancora essere. Purché resti compatta, certo, ma finalmente forte e indipendente. Anche da Trump e dagli Stati Uniti.
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