POLITICA
Anno 2025: elezioni regionali in sette regioni e lo spettacolo televisivo del “resta tutto com’è” va in onda con puntualità.
In Puglia il centrosinistra vince, in Campania idem. In Veneto il centrodestra conferma. Nelle Marche e in Toscana, nessuna rottura: i governatori uscenti (e già dominanti come Eugenio Giani) rimangono. Anche in Calabria e nella Val d’Aosta, i vecchi assetti resistono.
Ma attenzione: nella sostanza non è cambiato nulla, ma tutto è instabile. Soprattutto dentro le coalizioni.
L’affluenza scende ovunque a livelli sempre più bassi.
I vincitori vincono, ma con margini che raccontano meno “trionfo” e più “tappare le falle”.
Il fatto che i blocchi rimangano gli stessi non significa che stiano bene: trattiene l’assetto, ma perde tonicità.
In sintesi: la democrazia mostra che sa ancora mantenere la posizione, ma con le gomme sgonfie. Non c’è stato un ribaltone, ma neanche una riconquista; è un piglia tutto in equilibrio traballante.
Il vero cambiamento non è caduta della torre, ma lo scricchiolio sempre più forte delle fondamenta. Che si chiamano partecipazione.
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