Attualità
Nel suo primo intervento da presidente di Confindustria Umbria, Giammarco Urbani ha scelto di non indulgere in formalità. È andato “dritto al punto”, come ha detto lui stesso. E quel punto, per usare parole sue, si chiama Piano straordinario per l’industria. Non è solo una formula, è una chiamata alle armi (civili, economiche e istituzionali) lanciata tanto alla politica regionale quanto a quella nazionale. Urbani, con tono fermo ma non polemico, ha messo in fila ciò che da tempo molti imprenditori umbri pensano: l’industria non chiede favori, chiede politiche industriali vere, strumenti rapidi e una burocrazia che smetta di essere un freno e torni ad essere un servizio.
Dietro le sue parole si percepisce la volontà di ricucire un dialogo che in troppi momenti recenti è sembrato slabbrato: quello fra chi produce ricchezza e chi la governa. E non è un caso che il neopresidente abbia parlato di “grande progetto per l’industria regionale” da costruire insieme a Regione, governo e parti sociali. Una formula che in Umbria - dove il gioco di squadra è spesso annunciato ma raramente praticato - suona come un test politico.
Urbani ha toccato tasti precisi: produttività, Zes, fondi di coesione, semplificazione. Ha ricordato che l’Umbria è stata finalmente inclusa tra le Zone Economiche Speciali e che questo può essere un acceleratore di sviluppo, ma solo se accompagnato da una visione e da una gestione efficace delle risorse europee e nazionali. “Ogni euro deve diventare crescita vera”, ha ammonito.
Il messaggio, neanche troppo tra le righe, è arrivato chiaro a palazzo Donini: Confindustria è pronta a collaborare, ma pretende risultati. E lo stesso vale per Roma e Bruxelles. Urbani ha lanciato un messaggio netto anche all’Europa: “Decarbonizzare sì, deindustrializzare no”. Un avvertimento che suona come un manifesto politico-industriale di buon senso: la transizione ecologica non può essere pagata dalle fabbriche, né può diventare l’alibi per smantellare il cuore produttivo del continente.
Il suo appello finale – “fiducia, concretezza e gioco di squadra” – sembra voler rimettere in moto una regione che da troppo tempo si osserva allo specchio, nostalgica delle sue eccellenze ma incerta sul futuro.
Se davvero nascerà quel Piano per l’industria che Urbani invoca, allora il suo discorso di insediamento non resterà un esercizio di stile. Diventerà l’inizio di una nuova stagione in cui la parola “impresa” torni a significare ciò che è sempre stata: la capacità di fare.
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