Attualità
Il ministro Giuseppe Valditara ha quindi deciso e, da questo anno scolastico, cellulari spenti e fuori vista nelle aule. Misura sacrosanta. Non lo dicono solo i professori stremati, ma pure le ricerche scientifiche: più smartphone, meno attenzione, meno sonno, meno rendimento.
Eppure, come ha avvertito la preside Federica Ferretti dello Scarpellini di Foligno - che ha riaperto i battenti del suo istituto scolastico già lunedì, come le scuole di Bolzano - il divieto non basta. Perché l’educazione non si fa a colpi di regolamento: serve insegnare ai ragazzi a usare la tecnologia senza esserne usati.
Il paradosso? Noi adulti siamo messi peggio. Ci aggiriamo come stormi di zombi digitali: col collo piegato, il pollice che scorre compulsivo, lo sguardo ipnotizzato da un rettangolino luminoso. In autobus, nei bar, persino a tavola, alla guida delle auto e mentre camminiamo a piedi in mezzo alla folla: muti, isolati, con il cervello catturato da notifiche e scemenze. E poi pretendiamo che i ragazzi imparino la maturità, mentre siamo noi i primi a esserne orfani.
*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy