PECHINO
Pechino ha trasformato Piazza Tienanmen in un palcoscenico epocale.
La parata militare voluta da Xi Jinping, con Putin e Kim Jong-un al fianco, non è stata una semplice cerimonia: è un ribaltamento della storia.
Mercoledì a marciare non sono stati solo soldati e droni, ma nuovi equilibri globali. Una ventina i leader accorsi: Pezeshkian (Iran), Aliyev (Azerbaigian), Subianto (Indonesia), Vučić (Serbia), Lukashenko (Bielorussia), Fico (Slovacchia). Assenti i leader occidentali.
Il messaggio è chiaro: il baricentro del potere non è più a Washington o in Europa, ma si è spostato a Oriente.
Per gli Stati Uniti è un’umiliazione: la politica trumpiana non solo sta riducendo in frantumi l’Occidente che vedeva gli Usa come il fulcro, ma ha anche isolato Washington da quella parte del pianeta che oggi conta davvero e ora Trump twitta la sua rabbia come un tifoso fuori dallo stadio.
Per l’Europa è l’ennesima marginalità, spettatrice senza voce.
Se un tempo il resto mondo spiava l’Occidente dal buco della serratura, oggi è l’Occidente a guardare il mondo da una fessura angusta, incapace di cogliere che la nuova storia si scrive altrove. E di capire che la svolta è epocale.
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