MEDIO ORIENTE
Ogni germoglio di pace in Medio Oriente viene strappato prima ancora di spuntare. L’invasione di Gaza City decisa da Netanyahu non è solo un’operazione militare: è la cancellazione, almeno a breve, di ogni prospettiva di uno Stato palestinese. Subito dopo l’apertura di Hamas ad accettare una trattativa arriva il fuoco che brucia il campo ancora prima che il seme attecchisca.
La comunità internazionale si oppone. L’Onu, l’Europa, le ong e ora anche l’Italia, con le parole nette di Giorgia Meloni, chiedono di fermare l’avanzata. Ma Netanyahu procede, convinto che l’unica pace possibile sia quella del silenzio imposto con le armi. Gaza intanto muore: palazzi rasi al suolo; ospedali al collasso; bambini senza futuro.
Le diplomazie riconoscono tutte l’orrore subito da Israele e hanno in maggioranza sempre giustificato la risposta armata, ma ora invocano negoziati. E a chi restano rivolte le loro parole se il terreno stesso su cui costruire un accordo viene raso al suolo?
La verità è che a Gaza non si combatte più solo una guerra (giusta) contro Hamas, ma i fatti stanno andando contro all’idea stessa di pace. E se oggi quella città cade, cade con essa l’ultima flebile illusione che la convivenza sia ancora possibile.
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