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POLITICA

Critiche sterili, fatti pesanti: giusto che il centrosinistra umbro si discosti da quello marchigiano

Sergio Casagrande

05 Agosto 2025, 14:31

Critiche sterili, fatti pesanti: giusto che il centrosinistra umbro si discosti da quello marchigiano

Il governo, quindi, dice sì. L'Umbria, insieme alle Marche, entra a far parte della Zes, la Zona economica speciale unica del Mezzogiorno. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che vedersi riconoscere una situazione economica paragonabile a quella del Meridione non è il massimo. E ricordare che la parola Mezzogiorno rievoca un arrozzone del passato come la famosa Cassa, che – tra l'altro – per una piccola parte toccò proprio le Marche e sfiorò soltanto la nostra Umbria.

Ma qui siamo davanti a qualcosa che non è né una vana promessa da campagna elettorale, né la volontà di raccogliere consensi con aiuti a pioggia.

Tradotto, infatti, appartenere a una Zes significa che arrivano incentivi, semplificazioni burocratiche, crediti d'imposta e una corsia preferenziale per chi vuole investire in questi territori. E tutto questo avviene con la benedizione e la soddisfazione dell'Unione europea, che non è esattamente nota per chiudere un occhio sugli sprechi.

Ieri mattina Giorgia Meloni, nel pre-annunciare il decreto poi approvato dal governo, ha usato parole nette: "È un'occasione storica per rilanciare il cuore produttivo del Centro Italia". E ha ragione.

Perché chi conosce davvero le ferite lasciate da terremoti, crisi industriali e deindustrializzazione selvaggia – in particolare nella fascia appenninica che va dal Fabrianese, tocca il Gualdese-Nocerino e arriva alla Valnerina, allargandosi attorno alle falde del Vettore – sa bene che non c'è bisogno di ulteriori convegni e fiumi di parole. C'è bisogno di fatti. E questo è un fatto. Concreto. Pesante. Che può rimettere in moto un motore rimasto troppo tempo in folle.

Ma le critiche non sono mancate: qualcuno si è affrettato a storcere il naso, a invocare l'ennesimo spot, a parlare di favoritismi territoriali. Come se fossimo ancora nel Novecento, quando gli aiuti erano roba da Sud e basta.

Eppure qui – almeno da quello che si legge nelle carte – non si tratta di regalare soldi a pioggia: si tratta di creare condizioni migliori per chi lavora, produce, assume. Di rendere competitivo chi oggi fatica anche solo a stare in piedi.

Allora diciamolo chiaramente: chi grida allo scandalo ha già deciso che non gli piacerà nulla, a prescindere. Ma giudicare prima ancora di vedere gli effetti reali di una misura è come bocciare un vino prima di stapparlo. E qui il tappo non solo è stato tolto: il contenuto promette bene.

Le semplificazioni procedurali e gli sgravi fiscali sono strumenti seri. E se ben gestiti, possono davvero far ripartire economia e occupazione. Non servono miracoli: serve solo che la macchina ricominci a girare.

In tutto questo, comunque, spicca positivamente il comportamento delle opposizioni umbre (opposizioni intese verso il governo nazionale, ovviamente). Mentre quelle delle Marche si scagliano – a prescindere – contro Palazzo Chigi, quelle dell'Umbria ne riconoscono i possibili effetti positivi. Applaudono senza nascondersi dietro il "vedremo".

Onore, quindi, non solo al centrodestra che ha voluto il provvedimento ma anche al centrosinistra umbro e, in particolare, alla governatrice Stefania Proietti che riconosce, senza mezzi termini, la "grande opportunità per lo sviluppo regionale".

Certo, almeno per una volta, sarebbe stato meglio che tutti, ma proprio tutti, avessero avuto l'onestà intellettuale di aspettare. Di vedere. E magari, anche di riconoscere che quando si fa una scelta giusta – anche se a farla è un governo che non piace – bisogna avere il coraggio di dirlo.

Perché il vero nemico dell'Italia non è mai chi prova a rilanciare i territori. È chi non vuole che ci riesca.

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