Cronaca
Laura Santi
Laura Santi se n’è andata. Lo ha fatto come aveva chiesto, come aveva deciso, come aveva potuto. Perché, finalmente – dopo una lunga battaglia – qualcuno le aveva riconosciuto il diritto di scegliere. Laura non è morta. Laura ha scelto di non soffrire più. E questa, che piaccia o meno, non è solo una sfumatura semantica: è una verità.
Laura, in passato, aveva fatto parte della squadra del nostro giornale. Da capocronista, nei primi anni 2000, la scelsi come collaboratrice per seguire prevalentemente il settore sociale e della solidarietà in Umbria. Aveva una sensibilità spiccata e sognava di diventare giornalista. E lo è diventata davvero, anche se negli ultimi anni non era riuscita a mantenere l’iscrizione all’Ordine. Ma non è certo un tesserino in tasca a stabilire se sai fare bene un mestiere. Una collega, quindi, certo. Ma anche un’amica sincera. Di quelle che conosci poche volte nella vita, con cui sai che c’è una stima professionale reciproca. Di quelle che, se ti capita di incontrarle e poi ti perdi di vista, restano lì. Nella testa, nel cuore e nel groppo alla gola che ora sale impietoso.
Nei mesi scorsi, quando ancora lottava tra mille difficoltà e dolori per ottenere la possibilità del suicidio assistito, scrissi che da cristiano non avrei mai potuto dire che aveva “diritto di morire”. E lo ribadisco. La vita, per me, viene prima di tutto. Ma chiesi, allora, se fosse giusto che a scegliere fossimo noi al posto suo. Se, negandole quella possibilità, non le stessimo togliendo anche l’ultima libertà. Ora quella domanda ha avuto risposta. E la risposta è nel coraggio con cui, lunedì, Laura ha detto addio. In silenzio. L’ultimo gesto è stato il più potente di tutti. Non una fuga. Ma un atto di responsabilità verso sé stessa, la sua sofferenza e chi la amava. Laura ha avuto la forza di guardare in faccia il dolore e la morte e dire loro: “Ora decido io”.
E chi siamo noi per dire che non poteva?
Oggi non dovrebbe essere il giorno delle polemiche. Non dovrebbe essere il giorno delle leggi, delle sentenze, delle opinioni da talk show. Dovrebbe essere solo il giorno del silenzio. Della gratitudine. Del rispetto. Perché Laura Santi ci ha lasciato un testamento morale: quello della libertà di poter scegliere. Anche se è difficile. Anche se inconcepibile per chi non conosce, nel profondo e sulla propria pelle, tutto il peso della sofferenza fisica, oltre che mentale. E noi, che restiamo, possiamo solo raccoglierlo. Con le lacrime agli occhi. E con il dovere di non dimenticare.
Ciao, Laura. La lezione più grande, alla fine, è arrivata da te.
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