CRONACA
Ogni volta che un uomo in divisa è coinvolto in una tragedia, scattano subito dubbi su presunti eccessi di potere. Ma non si può sempre ridurre chi corre per proteggere il Paese a sospetto da perseguire. Non si tratta di schierarsi politicamente o difendere privilegi, ma di rispetto per chi svolge un compito difficile e necessario.
Eppure certe notizie danno l’impressione che le forze dell’ordine - sottopagate e spesso sfiduciate - vengano trattate come potenziali criminali anziché garanti di sicurezza. La Procura di Milano ha chiesto il processo per omicidio stradale non solo per il giovane alla guida dello scooter, ma anche per il carabiniere che inseguiva Ramy.
La macchina della giustizia proseguirà il suo percorso, ma intanto lascia perplessi che i magistrati inquirenti contraddicano la perizia disposta dalla stessa Procura, secondo cui “l’operato… è conforme alle procedure”. Ora, invece, si contesta al militare di aver mantenuto “una distanza inidonea” e di aver proseguito un inseguimento “lungo e stressante”.
Se si vuole affermare la civiltà di un Paese, lo si faccia con coerenza, non con ambiguità processuali. A rimetterci sono tutte le istituzioni. Non solo le forze dell’ordine, ma la magistratura stessa. Indebolendole, ci ritroveremo presto senza difese.
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