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L'incubo di viaggiare fino a Roma

Sergio Casagrande

03 Luglio 2025, 12:00

L'incubo di viaggiare fino a Roma

I sindaci con la fascia tricolore a Roma per protesta

A Roma ci sono, quindi, arrivati davvero. Fascia tricolore al petto e zaino da pendolari sulle spalle, una trentina di sindaci umbri, laziali e delle province di Arezzo e Siena hanno preso l'Intercity 581 come fanno ogni giorno migliaia di cittadini: affrontando coincidenze improbabili, ritardi, convogli obsoleti e quella linea lenta che, ormai, lenta non è solo nel nome, ma nell'anima stessa del servizio ferroviario che dovrebbe collegare il Centro Italia alla capitale.

Non è stata una passerella. È stata una protesta sobria ma determinata, che ha portato i primi cittadini fin sotto la sede di Ferrovie dello Stato per chiedere soluzioni, non scuse. Un incontro c’è stato, in un clima definito cordiale e Rfi ha aperto un dialogo.

Bene. Perché i disagi sono una quotidianità fatta di treni soppressi, Intercity dirottati, attese infinite, ritardi e studenti e lavoratori trattati come viaggiatori di serie B. Per questo la protesta è giusta. Non nasce da schermaglie politiche, ma da un grido delle comunità locali. Difende il diritto alla mobilità, alla connessione, alla possibilità concreta di vivere nei nostri territori, spostarsi fuori o lavorare altrove.

E qui voglio aggiungere ciò che i sindaci - per comprensibili ragioni legate al motivo principale della loro protesta - non hanno incluso nel loro viaggio romano: la situazione disastrosa della viabilità stradale. Soprattutto tra Roma e l'Umbria. E viceversa.

Con la Flaminia e la E45 ridotte a percorsi di guerra dai cantieri, anche chi sceglie l'auto è costretto a fare i conti con deviazioni, code e lavori infiniti. Da mesi. In alcuni casi da anni. I cantieri si spostano con la velocità di una lumaca in retromarcia, portandosi dietro gli stessi problemi: sensi alternati, semafori, strettoie e tempi di percorrenza perfino raddoppiati nelle ore di punta.

Non è solo il treno, quindi, a mancare: è il diritto di muoversi. Punto. Servono, insomma, risposte immediate. Domani è già tardi.

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