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Il peggio che potrebbe realmente accadere

Sergio Casagrande

15 Giugno 2025, 19:28

Il peggio che potrebbe realmente accadere

Pioggi di missili iraniani su Israele

Ho fatto un sogno. Un brutto sogno. Uno di quei sogni che ti svegliano di soprassalto e non ti lasciano più chiudere gli occhi. Ero seduto sul divano, il solito telegiornale in sottofondo, la birra ghiacciata in mano. Poi, in tivù, la scritta rossa, quella che gela il sangue: Breaking News. Un missile iraniano, partito nella raffica di rappresaglia dopo l’attacco israeliano, ha centrato una base statunitense nel Vicino Oriente. Non una qualunque: una di quelle utilizzate per coordinare il sistema di difesa di Tel Aviv. Morti. Feriti. Tanti americani coinvolti.

La notizia viaggia veloce, come il vento prima della tempesta. Nemmeno il tempo di realizzare che Trump appare in diretta. Poco importa se è stato uno sbaglio, un guasto del propulsore mentre era in volo o un colpo mirato. Il volto è duro, la voce ferma: “Invoco l’articolo 5, anche perchè la base è da considerarsi territorio americano. Ci hanno colpito in casa”.
Difesa collettiva. La Nato è chiamata a reagire.


Francia e Gran Bretagna sono le prime ad aderire, anche perché un altro missile è caduto in una base britannica senza esplodere: rispondono all’appello senza esitazioni. Poi si muove il resto dell’Alleanza. I telefoni squillano, le cancellerie si consultano. Le risposte arrivano una dopo l’altra. Ma non da tutti. Italia, Spagna, Estonia, Lettonia, Lituania e Turchia restano sospese. Indecise, caute, in bilico tra prudenza e paura. Non è esitazione codarda. È il terrore lucido di chi sa che ogni decisione, adesso, potrebbe trasformarsi in un punto di non ritorno.

Mentre l’Europa si spacca sul filo della guerra, la Russia interviene con determinazione: «Siamo al fianco dell’Iran».
La Russia, del resto, non aspetta altro per regolare i conti aperti dal conflitto in Ucraina e deve ringraziare Teheran per i droni ricevuti. Poi, la Cina. Non usa giri di parole. Non suggerisce, non insinua. Minaccia. E avverte l’Occidente che un’escalation avrà «conseguenze globali imprevedibili» e che la ragione sta comunque dalla parte di Teheran. A ruota si accodano il Bangladesh e la Corea del Nord.

Dalla nostra parte del mondo, il Papa implora: “Fermatevi!”. Ma la sua voce trova ascolto solo in Svizzera, tra i capitani reggenti della Repubblica di San Marino e in qualche cancelleria dei Paesi sudamericani.
Il resto del pianeta – mentre Al Qaida e Isis invitano l’intero mondo arabo alla jihad – osserva attonito.
Io, sul divano, fisso lo schermo. Finisco la birra. Poi sento un sibilo. Un suono lungo, acuto, che spegne la televisione e ogni altra cosa intorno a me. Il buio scende rapido. Il silenzio è totale. Non mi sono più riaddormentato. Non serviva. Ora mi resta solo un dubbio: sarà accaduto perché mi sono seduto sul telecomando? O qualcuno, da qualche parte, ha premuto il grande pulsante?

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