Assisi
Ieri pomeriggio (martedì 29 aprile). Treno regionale che parte da Roma e raggiunge Perugia fermandosi ad Assisi. Un pensiero banale: “Viaggerò comodo, è solo un regionale in un orario che non è neppure di punta”. Sbagliato. Posti finiti prima ancora della partenza dal binario 1 Est, quello dimenticato anche da Dio perché è il più sperduto della stazione Termini. Corridoi invasi e aria da pellegrinaggio. La stessa che si respirava sui convogli del Giubileo del 2000 o nei giorni delle grandi preghiere davanti alla basilica di San Francesco con Giovanni Paolo II. Ma ora non è il papa a muovere le folle verso l’Umbria. Anche perché, in questi giorni, la sede pontificia è ancora vacante. E neppure San Francesco, al quale si era ispirato proprio il papa appena defunto.
È un quindicenne in felpa, jeans e scarpe da ginnastica. Uno che, se fosse stato seduto accanto a me, probabilmente avrebbe parlato di siti internet, storie che circolano nei social e di pane eucaristico nella stessa frase. Il suo nome è Carlo Acutis. E oggi riempie i treni. Che l’Umbria sia terra di santi è quasi una battuta da osteria. Ma, come tutte le battute da osteria, nasconde un fondo solido di verità, al punto che potrebbe non esserci altra regione del pianeta Terra in grado di vantare di essere stata culla di tanta spiritualità.
Qui sono nati o, comunque, hanno camminato, pregato, predicato e - a quanto pare - anche fatto miracoli, i patroni d’Italia, d’Europa, la santa degli impossibili e pure tanti mistici ed eremiti mossi dalla fede e perfino dalla disperazione. Francesco, Benedetto, Chiara, Rita, Valentino. E poi ci sono gli altri: Scolastica, Fortunato, Feliciano, Ponziano, Ubaldo, Angela, perfino Messalina - sì, proprio lei, quella dal nome che evoca più l’epoca libertina della Roma imperiale che un qualcosa di santo e di religioso - che, a Foligno, in certe pieghe della devozione popolare è diventata una specie di santa apocrifa. Ma l’elenco completo degli umbri in Gloria nell’altro dei cieli è talmente lungo che neppure c’è... e se ci fosse chi tentasse di leggerlo rischierebbe quantomeno la laringite.
L’erudito Ludovico Jacobilli, a metà del Seicento, aveva fatto i conti: 22 mila santi, beati e venerabili umbri o “umbrianizzati”. Nessuno lo ha mai smentito, per fede e, forse, perché mettersi a contarli tutti uno a uno richiederebbe più tempo di quello necessario per leggere La Divina Commedia ad alta voce, tre volte di fila. Eppure, oggi, nella regione dove la santità si raccoglie come funghi e tartufi sotto le querce, la figura che svetta su tutte le altre è quella di un ragazzino milanese nato nel 1991, morto nel 2006 e il cui corpo è accolto da Assisi, con una passione smodata per l’informatica e l’eucaristia. Il più digitale tra i mistici. E forse il più credibile, proprio perché così tremendamente simile ai suoi coetanei.
Il mondo, oggi, corre verso la secolarizzazione come un treno senza freni. Le chiese si svuotano, le vocazioni languono, i seminari sono diventati deserti di silenzio. Eppure ad Assisi - mentre la canonizzazione di Acutis viene rinviata sine die per la morte di Papa Francesco - si riversano giovani di ogni angolo del globo, prevalentemente sudamericani, affascinati da questo cyber-apostolo, che è stato capace di parlare con le loro stesse parole e attraverso i loro mezzi più comuni e, al tempo stesso, con le parole di Dio. Acutis non è solo una figura devota: è una risposta spirituale a un’epoca che sembra aver perso le domande.
È la prova vivente - o meglio, glorificata - che lo Spirito Santo, nei momenti giusti, trova sempre un modo per rimettere in carreggiata il convoglio della fede. Anche se poi tocca viaggiare in piedi, tra uno zaino e una chitarra, in un treno affollato verso Assisi. In fondo, non c’è da stupirsi. In una terra che genera santi come l’Emilia Romagna produce tortellini, prima o poi doveva arrivare anche un santo con la felpa. E se oggi tutti lo cercano, lo venerano, lo seguono, non è solo per la sua santità precoce. Ma perché - forse per la prima volta da decenni - ci siamo accorti che la fede non è affare da vecchi. Può avere il volto sorridente di un quindicenne. E lo zaino pieno di miracoli.
Ma, di fronte a tutto questo, chi è oggi il più celebre tra i santi umbri o comunque legati all’Umbria? Difficile stabilirlo, perché tra gli innumerevoli nomi che vanta il cuore d’Italia ce ne sono alcuni davvero di grande peso per la storia della Chiesa e attirano, fin da epoche ormai remote, pellegrini, turisti e semplici curiosi. E fare una classifica sarebbe irrispettoso, perché, come ricorda nel suo più recente libro monsignor Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi, Nocera Umbra, Gualdo Tadino e Foligno, il giovane Acutis arrivò in Umbria da Milano seguendo le orme di Francesco e Chiara d’Assisi.
In questo momento, però, non c’è dubbio. Tra treni pieni e cuori spalancati, il più popolare è sicuramente lui: Carlo Acutis, santo in attesa e già, di fatto, il più cliccato e ricercato del Paradiso.
*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy