Addio Francesco
Un lampo nel cielo di Roma. Un brivido che attraversa il cuore del mondo. E un silenzio, improvviso e assordante, è calato su piazza San Pietro.
Papa Francesco non c’è più. Un’amara sorpresa nel lunedì dell’Angelo. Un fulmine che ha squarciato le certezze, lasciando tutti - fedeli e non - in un dolore che si fa incredulità.
Appena domenica, solo poche ore prima, il Santo Padre aveva voluto affacciarsi ancora una volta alla sua Piazza. Un gesto semplice, come sempre. Una mano alzata, un sorriso stanco ma vero, quella voce rotta che accarezzava le anime più che pronunciare parole.
Nulla, assolutamente nulla, lasciava presagire questo epilogo tanto tragico quanto improvviso. Eppure, ieri mattina lunedì 21 aprile, il mondo si è svegliato orfano.
Papa Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio, è stato il pontefice che ha fatto della semplicità una rivoluzione. Della misericordia una missione. Della povertà una bandiera.
È stato il Papa venuto "quasi dalla fine del mondo" che ha riportato il cuore della Chiesa tra gli ultimi, nei vicoli delle periferie esistenziali, nei luoghi dove nessuno guarda, nei silenzi di chi soffre. Ha spazzato via orpelli, inchini e barocchismi clericali con la forza quieta ma inesorabile del Vangelo vissuto.
Eppure, la sua forza più grande fu nel nome che scelse: Francesco. Il nome del fraticello di Assisi, l’uomo che parlava agli uccelli e disarmava i potenti con la dolcezza. Un nome che è stato tutto un programma, una direzione, una promessa.
Bergoglio non lo scelse a caso. Lo scelse perché in quel nome c’era un richiamo potente, un sogno da inseguire, un’eredità da raccogliere.
Lo scelse, forse, anche per onorare la terra da cui quel sogno nacque: l’Umbria. La nostra Umbria. Quella delle colline silenziose, delle chiese di pietra, dei passi scalzi e delle parole scolpite nel vento.
È anche un onore, oggi, ricordarlo così. Con quel nome inciso nel cuore del mondo e con lo sguardo rivolto a quelle basiliche di Assisi e di Santa Maria degli Angeli che tanto amava.
Papa Francesco è stato il primo Papa gesuita, il primo sudamericano, il primo con quel nome. Ma è stato soprattutto un padre. Un uomo che ha saputo far sentire Dio non come giudice severo, ma come un abbraccio che consola e sconvolge.
Il mondo lo piange. La Chiesa lo saluta con le lacrime agli occhi. Ma Francesco, ne siamo certi, non voleva monumenti. Solo preghiere. E magari, un sorriso in più verso chi ha meno. Perché in fondo, lui, ci ha insegnato proprio questo: che la fede non ha bisogno di palazzi, ma di mani tese. E di amore, tanto amore.
Addio, Papa Francesco. E grazie. Di tutto.
*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy