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E' il mestiere più antico del mondo. Lo esercitavano già i sumeri, i babilonesi, i greci, i romani e, ancora oggi, muove montagne di denaro, in Italia totalmente in contante. A Uruk c'erano le sacerdotesse dell'amore sacro. A Roma, le meretrices avevano perfino il tesserino, altro che codice Ateco.
Adesso, però, anche l'Italia si è evoluta: escort, accompagnatori e prostitute avranno un codice identificativo fiscale tutto loro. Non per rispetto, non per tutela, non per legalizzare un'attività sommersa… ma per pagarci le tasse.
Evviva. Già, perché secondo l'Istat, che si è riscoperto improvvisamente più moderno di un'app di dating, dal primo aprile è entrato in vigore il nuovo codice 96.09.99 (una cifra che pare uscita da un libro di esoterismo ispirato al Kamasutra), sotto la nobile dicitura “servizi di incontro ed eventi simili”. Dentro ci sta tutto: incontri occasionali, accompagnatori di giorno, ammiccatori notturni, chi organizza, chi fornisce e chi gestisce.
Il sesso, finalmente, è un'attività economica come un'altra. Non più solo piacere, ma anche Iva e Irpef. Ma attenzione: non è una legalizzazione. Per carità. In Italia, la prostituzione non è reato, ma lo è quasi tutto ciò che ci gira attorno. E quindi mentre tu, lavoratrice o lavoratore del sesso, compili il tuo 730 con diligenza, magari fuori dalla finestra c'è uno che ti sfrutta e incassa in nero. O magari il tuo “datore di lavoro” - leggasi criminalità organizzata - ha appena trovato un altro modo per lavare i soldi: ti fa aprire una partita Iva.
A Perugia e ad Arezzo, tanto per citare un paio di esempi a noi vicini, le operazioni delle forze dell'ordine lo hanno rilevato puntualmente da anni: dietro molte case chiuse (che dovrebbero essere aperte, almeno fiscalmente), come lungo le strade, ci sono mani ben poco pulite. E allora, caro Stato, prima di chiedere gli scontrini anche sulle prestazioni orali, forse è il caso di affrontare il tema con una legge degna di questo nome. Magari proprio partendo da qui, da un codice Ateco (acronimo di ATtività ECOnomica, è un numero che serve ad identificare le attività economiche) che, se lasciato solo, rischia di restare l'ennesima ipocrisia all'italiana: tassiamo quello che facciamo finta di non vedere.
Ecco la vera sfida: trasformare un numero statistico in uno strumento politico. Perché se davvero tutti i sex worker si mettessero in regola, come auspicano gli esperti, lo Stato incasserebbe oltre 4,7 miliardi di euro. Altro che spending review: basterebbe un po' di coraggio. Dunque sì, cara Italia, magari è arrivato il momento di riscrivere la legge Merlin con gli occhi del 2025. Di riconoscere quello che già esiste: nelle strade, nelle case, dietro le finestre chiuse.
Magari smettendo di pensare che il sesso sia peccato… ma solo se non viene fatturato.
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